L’avvocato Giuseppe Conte, prima inesperto di politica, ora ne conosce bene le scorciatoie. Sa che da tempo votiamo per il nuovo purchessia; quindi ci si presenta sempre come nuovo, mutando colore alla pelle come un camaleonte, secondo l’ambiente e la stagione. Entrato in politica come arbitro dell’accordo post-elettorale fra “Lega per Salvini premier” e 5 stelle, quando Salvini si è sfilato esigendo pieni poteri, dopo le obbligate dimissioni è tornato in sella grazie al dietrofront di Matteo Renzi.

In seguito ha appoggiato, malmostoso, il governo Draghi, ma quando ha visto il momento giusto l’ha fatto cadere; in una botta sola s’è vendicato di chi considera un usurpatore e ha fatto in tempo a presentarsi agli elettori diverso e nuovo, quasi come Giorgia Meloni, peraltro lei pure “nuova” solo per chi guardava altrove.

Il suo opportunismo ha fatto rivivere un partito che pareva moribondo, ma con l’ultima giravolta si è dato un netto profilo di sinistra che nessuno gli conosceva; ha occupato spazi del Pd, che ha fatto della doverosa lealtà a Mario Draghi un palo cui s’è appeso. Ora fa innamorare parte della sinistra, incantata dalle sue pose da Masaniello, stufa di un Pd apparso slombato e perdente, pur se non ha perso.

Scarsa memoria

La sinistra che ora l’ama ha memoria labile. Conte attacca il governo Meloni per il supporto militare alla resistenza ucraina che ora loda; sarebbe però morta subito se fossero prevalse le sue idee a primavera. Non serve un orecchio raffinato per avvertire un grande vuoto nei suoi attacchi al governo.

Egli glissa su come il governo Meloni tratta i migranti sulle coste; si limita a dirsi contrario agli slogan. Fa bene a scansare il tema, perché la linea di Meloni, assai dura e criticabile, è comunque meno inumana di quella del primo governo Conte, che approvò i famigerati “decreti sicurezza”. Il suo ministro dell’Interno, Matteo Salvini, bloccò a lungo e duramente gli sbarchi, con il suo sostegno; Meloni pare più cauta, se non altro per scansare i processi, sui media o nei tribunali. Anche il Fregoli Conte sui migranti non può attaccare il governo. Altro che sinistra, questo sì ci rende il suo vero profilo.

Il Pd che uscirà da questa riflessione (non troppo lunga si spera) dovrà darsi una guida forte, sbaraccare i tempietti, lottare per i suoi valori, recuperando i rapporti col suo popolo. Le leggi elettorali e le circostanze potranno forzarlo ad accordarsi coi 5Stelle di Conte. Dovrà allora inchiodare l’alleato alla lealtà e alla coerenza; per non tener bordone alle giravolte di un uomo per tutte le stagioni, che domani, per succhiargli altri voti, vorrà nuove livree, opposte ai valori e al popolo del Pd. Questo ha una lunga storia alle spalle, che a lui manca; egli giostra meglio senza quel pesante fardello e le tribune lo applaudono.

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