Il miliardario Warren Buffett, qualche anno fa, ha detto che negli Stati Uniti si stava combattendo una lotta di classe e che i ricchi stavano vincendo. Aspettiamo che qualche sessantenne ammetta che anche in Italia, in questi anni e soprattutto durante la pandemia, si è combattuta una guerra generazionale: i giovani hanno perso, e i vecchi hanno vinto.

Dopo la promessa dei Cinque stelle di abolire la povertà col reddito di cittadinanza, nel 2019 i dati sono migliorati ma nel 2020 è arrivata la pandemia. La fotografia dell’Istat è questa: la percentuale di famiglie in povertà assoluta tra famiglie giovani (18-34) anni è il doppio che tra le famiglie con la “persona di riferimento” sopra i 64 anni: 10,3 per cento contro 5,3. L’incidenza della povertà assoluta è all’11,3 per cento tra i giovani e al 5,4 tra gli over 65.

Gran parte delle misure adottate nella pandemia hanno protetto i più adulti a spese dei più giovani: il blocco dei licenziamenti ha protetto i posti di lavoro esistenti e spinto le imprese a risparmiare sulle nuove assunzioni, i precari, le partite Iva.

Durante il Covid, il debito pubblico è passato dal 134,6 per cento del Pil al 159,8 atteso per quest’anno: soldi spesi non per investimenti ma a integrare i redditi della generazione attuale, falcidiati dai lockdown. Una zavorra che peserà a lungo sul futuro, perché si tratta di debito forse inevitabile ma che non produrrà crescita futura, perché è spesa corrente e non investimenti.

Chi oggi ha 20 anni, entrerà nel mercato del lavoro in un paese ostaggio della Bce e degli altri paesi europei: basta un cenno da Francoforte per far vacillare la fiducia nel debito italiano e far salire i tassi. Un problema per i prossimi anni o decenni che spaventa poco chi oggi ha più di sessant’anni e vivrà il resto della sua vita in un mondo di tassi di interesse bassi.

Mentre il debito saliva, la Borsa si riprendeva: piazza Affari è tornata su valori pre-Covid e a investire sui mercati non sono certo i giovani che faticano ad avere il mutuo. Secondo dati 2017 di Deloitte, i baby boomer in Italia sono il 37 per cento della popolazione ma detengono il 63 per cento degli asset gestiti. I vecchi hanno tutelato il proprio reddito, aumentato i risparmi che hanno investito con buoni risultati, mentre i giovani perdevano ore di lezione, che determinano cali di reddito per il resto della vita, e accumulavano debito pubblico.

Certo, possono consolarsi con il piano Next Generation Eu, a loro intitolato. Ma quando Enrico Letta ha provato a proporre di redistribuire risorse dai vecchi ricchi ai giovani, con un aumento della tassa di successione, o di dare il voto ai sedicenni, si è ben capito chi domina il dibattito pubblico e la gestione dei fondi.

© Riproduzione riservata