Giovanni Toti è il vero modello Genova. I pm indagano sui 2 milioni di finanziamenti raccolti dal presidente della Liguria. Se siano leciti o illeciti lo decideranno i magistrati. Resta una monumentale questione di opportunità, un rapporto da chiarire tra interessi pubblici e privati. Non è una storia solo ligure. Toti è il simbolo della “nuova” politica italiana. Senza vere appartenenze, ma con tanti soldi pubblici e privati. Uomini che sono assenti per “impegni istituzionali” dai consigli regionali, ma ritrovi in uno studio tv.

Toti e i “governatori” sono l’esempio. Non è un caso che metà delle macchiette proposte da Maurizio Crozza siano presidenti di regione. Di che partito è Toti? Se n’è inventato uno, anzi due, ricamati intorno a sé. Nato socialista, poi berlusconiano, ha flirtato con Matteo Salvini, quindi con Giorgia Meloni e ora sostiene Mario Draghi.

Concessioni

Nel frattempo non disdegna l’amicizia dell’estrema destra, vedi le consulenze a Carlo Fidanza (quello dell’inchiesta di Fanpage). Insomma, sta con sé stesso: un toscano trapiantato a Milano paracadutato da Berlusconi a governare la Liguria. Il suo sbarco a Roma è stato un flop. Ma in Liguria ha messo su una solida rete di rapporti saldata definitivamente dal fiume di miliardi che gravitano intorno alle grandi opere: Terzo Valico, ponte e nuova diga. Tanti appalti, meglio se con poche regole.

Toti ha dalla sua parte i rappresentanti di interessi consolidati del porto che hanno finanziato lui e il sindaco Marco Bucci. In gioco ci sono le concessioni di aree che valgono oro. Non è un caso che il presidente abbia voluto alla guida dell’autorità portuale il suo fedelissimo Paolo Emilio Signorini già delfino di Ercole Incalza, re delle infrastrutture pubbliche.

Intanto Toti cercava un ruolo da regista nella partita di Carige con un occhio alla cordata guidata da Gabriele Volpi – con il suo consigliere Gianpiero Fiorani, ex furbetto del quartierino – e da Raffaele Mincione. Sì, quello del palazzo del Vaticano a Londra. Per non farsi mancare niente, il presidente, all’indomani del crollo del ponte Morandi, telefonava con l’allora numero uno di Autostrade, Giovanni Castellucci, perché investisse nella banca ligure.

La nuova politica

La distinzione tra pubblico e privato sbiadisce. Vale soprattutto per il sistema sanitario nazionale che Toti sta smantellando: si chiudono ospedali, mentre le vaccinazioni Covid sono affidate a imprenditori che finanziano le campagne elettorali. Nel pubblico ci sono liste d’attesa di anni per fare analisi e terapie, così si ricorre ai privati.

Vale anche per il commercio, per l’urbanistica. In poche ore si votano varianti ai piani regolatori e nascono ipermercati (la Liguria ha il record italiano) costruiti da finanziatori del presidente. La Fiera di Genova viene sostituita da condomini di lusso, in riviera si approvano colate di cemento di imprenditori vicini alla maggioranza. Destra e sinistra sono categorie superate. Toti sostiene Draghi. Bucci va alla Leopolda di Matteo Renzi. Anche i loro finanziatori non hanno colore politico.

Intanto l’informazione ligure pare tacere. Giornali e tv spesso stanno in piedi grazie ai soldi pubblici che arrivano proprio da Toti: oltre tre milioni l’anno che la regione distribuisce come pubblicità istituzionale dal sapore di propaganda. Mentre Toti e Bucci imperversano sugli schermi e sulla carta con uffici stampa degni di Barack Obama. Quasi nessuno che gli contesti come la Liguria abbia il record di disoccupazione, di tagli alla sanità pubblica, di mortalità per Covid. Silenzio. Ecco la nuova politica. Uomini del fare, come dicono, o piuttosto del chiacchierare? È il vero modello Genova. 

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