Lo scollamento tra le parole del linguaggio liberale-progressista e la realtà ha generato un vuoto che i nazionalisti e i populisti hanno colmato con forza. Donald Trump, Friedrich Merz, Giorgia Meloni e Viktor Orbán hanno abbandonato le perifrasi per parlare la lingua del nuovo potere
Il linguaggio è una manifestazione del potere politico. Quando quest’ultimo muta bruscamente, allora anche il lessico della nuova epoca subentra al precedente. Ma è proprio nel passaggio da un registro all’altro che si trovano le coordinate utili per comprendere cosa sta succedendo. L’era liberale e progressista, che ha dominato il discorso politico occidentale per gran parte del Novecento e Duemila, si fondava su un vocabolario nobile: democrazia, mercato, diritti civili, libertà di espressione



