Esiste una qualche ragione per considerare l’inflazione, le grandi dimissioni e una legge di bilancio in salita ancorati al medesimo convoglio? In altre parole, pensare alla pandemia, il “cigno nero globale” comparso a Wuhan due anni fa, che sta producendo una molteplicità di ricadute tali da intrecciare destini dei singoli, scelte esistenziali, dinamiche macro economiche e i processi decisionali di governi
- Tra aprile e giugno di quest’anno poco meno di mezzo milione di italiani ha abbandonato un’occupazione a tempo indeterminato. Non sono stati licenziati o messi in cassa integrazione ma hanno sottoscritto una lettera di dimissioni.
- La pandemia ha accelerato la presa d’atto su quale possa tornare a essere la reale gerarchia di valori da preservare nella sfera quotidiana e intima di ciascuno?
- Senza rinnovare le categorie del pensiero e, dunque, della cultura di governo, camminare in senso inverso ai bisogni di popoli e nazioni più che un rischio è già una certezza. Occuparsene per tempo potrebbe non essere una cattiva idea.
Un paio di notizie messe in fila e poi la domanda: ha senso collegarle in qualche modo? Partiamo dal dato più singolare: tra aprile e giugno di quest’anno poco meno di mezzo milione di italiani (485mila a essere precisi) ha abbandonato un’occupazione a tempo indeterminato. Non sono stati licenziati o messi in cassa integrazione. No, hanno sottoscritto una lettera di dimissioni in un paese dove il tasso di disoccupazione è tuttora superiore al 9 per cento. Nei giorni scorsi il sindacalista Mar



