In otto anni di pontificato, impressiona l’attenzione di papa Francesco per la famiglia. Parlando a braccio nell’ultimo Angelus, il pontefice si è detto preoccupato per «l’inverno demografico» italiano, rimarcando quanto detto ai diplomatici della Santa sede nel 2018.

Lo dicono anche i dati: stando al report annuale Istat, nel 2019 ci sono state 20mila nascite in meno rispetto al 2018 e oltre 156mila in meno rispetto a dieci anni prima. Un quadro sconfortante, che aveva profetizzato per primo Guzmán Carriquiry Lecour, sodale di papa Francesco.

In Jorge Mario Bergoglio. Una biografia intellettuale, l’attuale ambasciatore dell’Uruguay presso la Santa sede aveva parlato di una «vecchia Europa che tuttavia oggi non genera nulla: né figli – siamo in pieno inverno demografico – né nuove correnti intellettuali, movimenti, orizzonti politici che aprano la strada a un destino di speranza».

Per il pontefice, la “crisi” della famiglia è una cosa seria.

Il bene della famiglia

Salito al soglio di Pietro, Bergoglio ha così avviato la riforma del processo matrimoniale, la più ampia del Codice di diritto canonico dagli anni Ottanta: «Quando la Chiesa, occupata in mille cose, trascura la vicinanza, se ne dimentica e comunica solo con documenti, è come una mamma che comunica con suo figlio per lettera» ricordava ne La mia porta è sempre aperta (Rizzoli, 2013).

Su questa dinamica Chiesa-madre si fonda il primato che il papa attribuisce alla misericordia, intesa come una lente con cui leggere la dottrina e il diritto ecclesiale. In questo senso, la riforma, avviata nel 2015 con le lettere motu proprio, Mitis Iudex Dominus Iesus, va letta in parallelo al cammino pastorale della chiesa inaugurato con il sinodo straordinario e rinsaldato dall’esortazione apostolica Amoris laetitia.

Il “discernimento” come criterio nei processi di nullità matrimoniale è complesso e l’applicazione della riforma del processo più breve ha sollevato lo scetticismo di alcuni canonisti laici e di curia.

Il processo più breve

Nella riforma di papa Francesco si abolisce il procedimento della doppia sentenza conforme, istituito nel Settecento da papa Benedetto XIV, e si semplifica l’intero percorso con l’istituzione del processo più breve: se ci sono le evidenze per la nullità di un matrimonio canonico, il vescovo costituisce un giudice unico o, meglio, ne assume direttamente la funzione.

Secondo papa Francesco, il precedente status quo non risponde alle esigenze della celerità, economicità e prossimità pastorale, proprie dell’attività giudiziaria della Chiesa. Secondo i dati Istat (2018), in circa 30 anni il numero dei divorzi è quadruplicato.

Con l’introduzione della legge sul divorzio breve nel 2015, i divorzi sono aumentati di oltre il 57 per cento in soli quattro anni. Nell’ultimo discorso alla Rota romana, il pontefice ha aggiunto che «Papa Lambertini purtroppo ha dovuto fare la doppia sentenza per problemi economici in qualche diocesi».

Carlo Fantappiè, esperto di storia del diritto canonico, puntualizza che le cose non stanno così: «Informato degli abusi di alcuni vescovi polacchi nella concessione facile delle nullità matrimoniali, papa Lambertini cercò di porvi rimedio con il rafforzamento dei tribunali, l’introduzione del difensore del vincolo sacramentale e della doppia sentenza conforme. Lo scopo? Garantire la ricerca della verità di ogni matrimonio “con ogni sforzo e con ogni mezzo”».

La doppia sentenza

In sostanza, la doppia sentenza sarebbe servita ad arginare infrazioni più o meno frequenti durante l’ancien régime in spregio al sacramento matrimoniale.

La complessità del tema era stata rimarcata dallo stesso arcivescovo di Bologna, Matteo Zuppi: «Le norme che hanno parzialmente riformato la procedura delle cause di nullità matrimoniale, prevedendo in alcuni casi una procedura più rapida, sono ancora conosciute solo in parte e resistono pregiudizi (qualche volta purtroppo non chiariti) per cui “i tempi sono troppo lunghi”, “i costi alti”» scriveva il porporato ai vescovi dell’Emilia-Romagna nel 2018.

Eppure, l’aspetto controverso della riforma non è tanto l’eliminazione della doppia sentenza, di cui già si parlava in un convegno di canonisti nel 2000, quanto le modalità tecniche con cui sono state formulate le condizioni, i luoghi, le fasi e i tempi del processo più breve: come fare le opportune verifiche o testimonianze, per esempio, se i tempi di verifica vengono accorciati?

O tempora o tribunali

Nella storia della Chiesa sul matrimonio sacramentale si sono giocati scismi e controversie.

Basti pensare al ripudio di Caterina d’Aragona da parte del re Enrico VIII, da cui partì lo scisma anglicano e l’inizio della chiesa protestante inglese. O la controversia emersa negli anni Novanta, quando la nullità dei matrimoni di personalità statunitensi, tra cui il senatore democratico Edward Kennedy, che destò l’attenzione di Roma: tra 51mila nullità matrimoniali del 1994, il 71 per cento proveniva dagli Stati Uniti.

Per questo motivo, tra i canonisti c’è chi pensa che la riforma del processo breve, pur partendo da legittime premesse, possa favorire una mentalità divorzista che intaccherebbe il principio di indissolubilità dell’unione matrimoniale.

Per Fantappiè, invece, uno dei principali problemi è il funzionamento dei tribunali ecclesiastici: «Abbiamo una tradizione consolidata in Italia e in Spagna, ma fuori dell’Europa, negli Usa, in America Latina e specialmente in Africa risulta difficile disporre di personale adeguato» sottolinea.

La riforma di papa Francesco non risolve del tutto la questione, perché talvolta i tribunali ecclesiastici extraeuropei sono amministrati da personale con scarsa preparazione giuridica: non basta essere esperti psicologi o delle relazioni umani.

Potere al vescovo

Un altro elemento controverso riguarda la centralità del vescovo diocesano nelle cause di nullità matrimoniale rispetto al vicario giudiziale: un ufficio a cui in passato il vescovo demandava la gestione di tutto il processo matrimoniale.

Per il papa, il vescovo non solo è l’«architrave, il principio costitutivo e l’elemento discriminante dell’intero processo breviore», ma a lui si deve la parola definitiva: «Il giudice è il vescovo. Va aiutato dal vicario giudiziale, va aiutato dal promotore di giustizia, ma lui è il giudice, non può lavarsene le mani. Tornare a questo che è la verità evangelica» (Inaugurazione dell’anno giudiziario, 29 gennaio 2021).

È significativo che, in questo modo, decidere di non delegare agli uffici della curia la funzione giudiziaria possa restituire l’immagine di un diritto distaccato da un approccio, viceversa, misericordioso.

Pastorale vs diritto

Da tempo si tende nella Chiesa a opporre al diritto la pastorale della misericordia.

Ma se Dio è sommo Giudice nella narrazione biblica, il miglior modo per essere misericordiosi è essere giusti.

«Opporre giustizia e misericordia è un grosso equivoco – precisa Fantappiè – perché, fin dal medioevo, l’essenza del diritto canonico è “la giustizia mitigata dalla dolce misericordia”, che fa combaciare diritto e vangelo».

Nel diritto canonico, ciò si traduce nella ricerca della verità, elemento essenziale per confermare o meno la nullità di un matrimonio. I casi di nullità del matrimonio sono molto articolati.

Per la Santa sede una riforma completa del diritto in ambito matrimoniale appariva necessaria, ma la complessità della materia impone di monitorare le diverse situazioni locali e nazionali.

L’amore non si vede, ma non per questo non esiste: allo stesso modo, la misericordia nell’approccio giuridico c’è, anche se non si vede.

Un metodo genuinamente pastorale rischia, quindi, di semplificare situazioni complesse.

 

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