Il nuovo  governo è presieduto da Giorgia Meloni che su un punto, dice, è stata e sempre sarà chiarissima, sull'atlantismo e contro l'aggressione russa in Ucraina. Basta coi giri di valzer per cui l'Italia fu spesso dileggiata.

È vero, tal Silvio Berlusconi parteggia per il presidente russo Vladimir Putin, contro l'Ucraina; con quella bocca può dire ciò che vuole! I suoi parlamentari, anziché condannare quelle parole, cercano la “manina” che le ha diffuse.

Esemplare per coerenza, egli sta con l'aggressore; come nel 2003, presidente del Consiglio, a differenza di Francia e Germania si allineò scodinzolando all'avventura in Iraq di George W. Bush nel 2003, oggi solidarizza col vecchio amico Putin.

Sempre dalla parte del torto; fortuna che stavolta non manda a morire la nostra gioventù. Bisogna capirlo, non è malvagità, ma il nobile soffiare dalla parte del vento, aiutare chi dovrebbe vincere facile.

Forza Italia sostiene sì l'Ucraina in aula, ma non perde occasione di far capire per chi sta; l'altro socio minoritario di Giorgia Meloni, cioè la Lega per Salvini premier – nome oggi più insensato che pria – è legato addirittura da un patto al partito di Putin e dei traffici sul petrolio russo rifiuta di parlare.

La garante della nostra politica estera sarebbe dunque Meloni, ma il suo atlantismo è di fresca data, ancora in prova.

Nel 2018, non un secolo fa, definiva Putin il Master dei politici contemporanei, e inequivocabile l'espressione della volontà popolare  russa alle elezioni.

Pazienza se là gli oppositori non possono candidarsi, e chi ci prova fa da cavia agli esperimenti su veleni sconosciuti. Alla Casa Bianca regnava il presidente  Donald Trump, un altro per cui Putin è il meglio fico del bigoncio.

Ecco di cosa è fatto questo atlantismo fresco di vernice; il riferimento è nel giro di Steve Bannon, il Rasputin di Trump, e nella destra americana più retriva.

Si parla tanto di atlantismo e Nato, ma di Europa si tace; non è prudenza, solo furbizia.

Se fra pochi giorni i democratici americani perdono le elezioni di mid-term, torneremo a Washington come suoi clientes di riguardo, anziché “soci” determinanti dell'Unione Europea di cui siamo grande stato fondatore.

E la Unione europea e un suo progetto di politica estera e difesa comune lo coltiva, pur con gran fatica, talvolta con sbandamenti e arretramenti.

Non ci sta a proprio agio chi ignora l'Europa, avendovi come principale riferimento un ministro degli Esteri che non osa condannare pubblicamente chi ha docilmente servito in tutti questi anni.

L'atlantismo del governo Meloni è in funzione anti europea; fatalmente frenerà i progressi nell'assetto istituzionale della Ue indispensabili per poter gestire la guerra ucraina, la crisi energetica, il cambiamento climatico e una lotta all'inflazione che non strozzi l'economia per altri dieci anni.

Nessuno è insostituibile e il governo Draghi aveva ormai solo pochi mesi di vita, ma averlo fatto cadere in quel modo è stato cinico e opportunista.

I tanto vantati tecnici esterni al governo non hanno risposto alla chiamata, se pure è stata fatta in buona fede.

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