Nelle ultime ore prima della clausura è cresciuta la suggestione di un papa “di mare”, dove le frontiere sono inesistenti e il rimescolamento delle culture è necessario. La risposta al mondo chiuso nel fazzoletto di terra che vogliono i padroni delle guerre
«Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi». Hanno ascoltato le parole del Vangelo di Giovanni durante la messa Pro eligendo Pontifice, sono entrati nella Cappella Sistina, sotto la volta di Michelangelo, «ove tutto concorre ad alimentare la consapevolezza della presenza di Dio, al cui cospetto ciascuno dovrà presentarsi un giorno per essere giudicato», ha scritto Giovanni Paolo II nella costituzione Universi dominici gregis che fissa le regole dell’elezione.
I 133 cardinali-elettori che hanno cominciato a votare per il nuovo papa, dopo aver giurato sul Vangelo aperto, rappresentano ogni angolo del mondo, ognuno con la sua storia grande e piccola, di frontiera o curiale, appaiono uomini di fronte a una responsabilità enorme, compresi i tre italiani più nominati.
Pietro Parolin quasi sovrastato, Pierbattista Pizzaballa ieratico, quando è comparso Matteo Zuppi sui maxischermo qualcuno ha applaudito. Nell’insieme, sanno di essere di fronte a un doppio giudizio. Il giudizio universale, della fine dei tempi, ma anche il giudizio terreno, il giudizio degli uomini, sono le due dimensioni, politica e spirituale, che tengono insieme l’elezione di un papa.
Il momento del terrore, il momento del rischio, la parola pericolo risuona fin dalle prime righe della costituzione che ha istituito il conclave, nel 1274. Ubi periculum. «Dove si riscontra un maggior pericolo, lì senza dubbio bisogna provvedere con maggiore opportunità», scriveva papa Gregorio X.
La paura
Il pericolo, il rischio, la paura più che la speranza, fu il motore che portò all'elezione di Joseph Ratzinger nel 2005. Il cardinale tedesco, in quel momento decano del Sacro collegio, aveva usato parole inaudite, nell’omelia della messa Pro eligendo, ventiquattro ore prima di essere eletto papa: «Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero. La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde – gettata da un estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo, dal collettivismo all’individualismo radicale. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie». Ventiquattro ore dopo fu eletto papa come Benedetto XVI. Ma la paura di un mondo senza fede, la secolarizzazione tanto temuta, fu in realtà accelerata dal pontificato senza orizzonte di papa Ratzinger.
Un mondo scristianizzato
Il decano di questo collegio, il bresciano Giovanni Battista Re, non è entrato in conclave per limiti di età, nella sua omelia di ieri ha di nuovo evocato il pericolo di un mondo scristianizzato, «nella società odierna, caratterizzata da grande progresso tecnologico, ma che tende a dimenticare Dio».
Insieme al rischio della divisione: il papa deve garantire la comunione, l’unità della chiesa. Ha consegnato agli elettori un messaggio da chiesa in rientro, più che in uscita, come la voleva Francesco, mai citato. Ha passato il testimone al cardinale Parolin, decano tra gli elettori, con un clamoroso fuori onda che è sembrata un’indicazione.
Eppure mai come in questo caso, in questo mondo a pezzi, l’ultima parola del papa Bergoglio che stava morendo nella via Crucis del Venerdì santo, la speranza sembra affidata alla scelta e al giudizio di quei 133 maschi, molti anziani, vestiti di rosso, rinchiusi al mondo esterno, senza cellulari e social, mentre la politica si appiattisce sui rapporti di forza tipici delle autocrazie, su Donald Trump vestito da papa, sulla parata di Vladimir Putin, sui crimini di Benjamin Netanyahu. Mentre le democrazie, in Europa e ovunque, scontano la loro fragilità e il distacco delle classi dirigenti dal popolo.
Rispondere al mondo chiuso
Nelle ultime ore prima della clausura nella Sistina è cresciuta la suggestione di un papa espressione del Mediterraneo, la culla delle grandi religioni monoteiste, delle migrazioni, delle guerre ma anche della convivenza tra le civiltà. Ma anche di un papa venuto dagli arcipelaghi del sud est asiatico.
Un papa di mare, dove le frontiere sono inesistenti e il rimescolamento delle culture è necessario. La risposta al mondo chiuso nel fazzoletto di terra che vogliono i padroni delle guerre. Sembrano cercarlo i cardinali-elettori che hanno dedicato il loro ultimo messaggio alla richiesta di un cessate il fuoco permanente in Ucraina e in Medio Oriente. Portatori di un potere bimillenario, al tempo stesso caduco, precario come le cose umane, ma carico di prospettiva messianica, che è una risposta sempre di speranza, mai di paura.
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