E proroga sarà, o almeno verrà proposta. Ieri il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha confermato quanto era nell’aria da giorni: lo stato di emergenza proseguirà ancora «ragionevolmente fino alla fine di gennaio 2021».

«Abbiamo convenuto – ha precisato Conte – che allo stato della situazione, che comunque continua ad essere critica per quanto la curva del contagio sia sotto controllo, è richiesta la massima attenzione da parte dello stato, delle sue articolazioni e anche dei cittadini».

L'opacità del potere

Lo stato di emergenza era stato deliberato dal Consiglio dei ministri il 31 gennaio scorso, per la durata di 6 mesi, e poi esteso il 31 luglio fino al 15 ottobre. A luglio l’ipotesi di proroga a fine anno, avanzata dal governo, era stata contrastata da varie parti, e si era così arrivati al compromesso del 15 ottobre.

La decisione aveva sollevato perplessità: l’emergenza è il riconoscimento sul piano del diritto di uno stato di fatto, non può essere oggetto di contrattazioni politiche. Esso, infatti, ha presupposti precisi: il verificarsi di eventi - attuali o imminenti – che «in ragione della loro intensità o estensione» richiedono «immediatezza d'intervento», come sancito dal Codice della Protezione Civile.

Quindi, prima di protrarre l’emergenza, va dimostrato che vi sia una situazione inattesa o che può avere un’evoluzione inattesa. In luglio, al primo rinnovo, ciò non è stato  fatto. «La proroga - ha detto Conte – è una scelta obbligata basata su motivazioni tecniche». Ma ha sempre omesso di precisare quali.

Il presidente del Consiglio ha continuato a seguire la pratica adottata nei mesi precedenti, quando richiamava i pareri del Comitato tecnico scientifico (Cts) senza mettere in cittadini in grado di verificare le sue affermazioni, rendendo pubblici i verbali. E così pure per questa ulteriore proroga: si fa trapelare che il persistere dell’epidemia abbia indotto il Comitato a suggerire di estendere l’emergenza, ma al momento non c’è modo di verificarlo. E, di nuovo, si omette di dimostrare che le circostanze sul piano concreto sono tali da giustificare la continuazione di tale stato anche sul piano del diritto.

Non basta dire che aumentano i contagi per attestare l’emergenza perdurante: gli scienziati parlano da tempo di una seconda ondata, non è un evento inatteso. Da mesi si ripete che con il virus serve convivere ordinariamente, e poi si reclama la straordinarietà dello stato di emergenza? Oppure il Cts reputa che prossimamente l’andamento dell’epidemia sarà di tale portata da necessitare la permanenza di uno stato emergenziale? Comunque sia, ancora una volta, c’è un deficit di trasparenza da parte di Conte.

Effetto Arcuri

E, a proposito di trasparenza, lo stato di emergenza ha finora consentito non solo interventi della Protezione Civile, come previsto dal relativo Codice, ma anche l’azione di Domenico Arcuri.

Nel mese di marzo l’amministratore delegato di Invitalia è stato nominato commissario straordinario (decreto legge Cura Italia) e gli sono stati conferiti amplissimi poteri di azione, e addirittura di ordinanza. Poi Arcuri è stato anche indicato come commissario straordinario per la scuola (decreto-legge Semplificazioni).

Tali incarichi si protrarranno fino alla fine dell’emergenza.

La gestione di Arcuri non ha brillato per trasparenza, come l’opaca vicenda dei banchi ha reso evidente, per non parlare del suo rigetto di istanze di accesso ad altri appalti realizzati.

La mancanza del senso di Arcuri per la trasparenza è fondata su un equivoco: vale a dire che un commissario, agendo in stato di “eccezione”, possa evitare di essere trasparente per operare in modo più rapido.

Questo è uno dei danni prodotti nei mesi scorsi dallo stato di emergenza: con esso è anche passato il concetto che la trasparenza sia un impiccio. Ma essa non è un intralcio operativo, da derogare per procedere con speditezza: anzi, ove i poteri sono più discrezionali, la trasparenza deve essere più ampia per consentire di sindacare l’azione pubblica. Il rischio è che con l’emergenza si protragga anche l’alibi dell’opacità usato finora in diverse circostanze.

Lo stato di emergenza non legittima gli ampi poteri che Conte ha esercitato nei mesi scorsi con Dpcm (decreti della presidenza del Consiglio): essi gli sono stati conferiti dal governo con decreti-legge, poi convertiti in legge dal Parlamento.

La permanenza nel paese di un “clima” di emergenza forse servirà a rafforzare la figura del presidente del Consiglio come punto di riferimento. Ma se c’è ancora bisogno di una situazione di deroga all’ordinarietà per agire, nonostante sia noto da mesi cosa attendersi per l’inverno, significa che non si è fatto in tempo utile quanto già si sapeva sarebbe stato necessario. E questo per Conte dovrebbe rappresentare un fallimento.

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