L’ennesima pantomima del duo tragico Putin-Trump

I simili si attraggono, soprattutto in politica, soprattutto se si vede nell'altro il riflesso di se stessi. La prova evidente sta nell'ennesima pantomima del duo tragico Putin-Trump, inestricabilmente avvolti in quella che gli psichiatri definiscono “follia a due” dove è fin troppo chiaro quale sia l'elemento inducente e quale l'elemento indotto. Donald Trump è sensibile alla cortigianeria (a scanso di equivoci e aprendo il vocabolario come fa la nostra presidente del Consiglio: deferenza cerimoniosa, esagerata, adulatoria). Vladimir Putin lo sa e, dopo averlo deluso nel post Anchorage, prende il telefono per ricucire e riempie il presidente americano di elogi per come ha condotto la questione di Gaza. Putin, la debolezza del fronte ucraino e l’istinto del bluff Tutto è perdonato in un attimo, i voltafaccia, gli attacchi spaventosi anche sui civili a Kiev, la guerra incrudelita invece che rallentata. Si stava buttando tra le braccia dell'Altro, di quel Volodymyr Zelensky in volo per Washington speranzoso di ricevere in dono i missili Tomahawk come di fatto promesso. Ma certi amori non finiscono, fanno giri immensi e poi ritornano, e il fascino dello zar del Cremlino è irresistibile. Che poi sia vero amore o abbia una quota corposa di interesse è tutto da scoprire: a ogni giro di valzer tornano quei sospetti mai fugati sui soldi, tanti soldi, di oligarchi russi che salvarono l'imprenditore Trump dal fallimento nel momento critico dei primi Anni Dieci del millennio, prima di entrare trionfalmente in politica. Trump gela Zelensky sui missili Tomahawk. «Sono troppo pericolosi» Dunque, macchina indietro. «Putin vuole la pace», già, proprio come Stalin osannato come “uomo di pace” (!) dalle folle festanti dell'ex Unione Sovietica. Lo stesso Putin che il giorno prima di aprire le ostilità in Ucraina, il 24 febbraio 2022, mentre si segnalavano preoccupanti movimenti di truppe ammassate al confine ucraino spergiurava che si trattava di manovre di routine, nessuna guerra alle viste. Lo stesso Putin che negava qualunque relazione con Mosca dei miliziani senza mostrine che nel 2014 si erano presi la Crimea senza sparare nemmeno un colpo di pistola. Putin il bugiardo, insomma, capace fino all'ultimo di nascondere le sue vere intenzioni salvo poi reclamarle con oggettiva coerenza una volta svelate. Oltre alla già acquisita Crimea, vuole tutto il Donbass, compresa la parte che i suoi soldati non sono ancora riusciti a conquistare. Vertice di Budapest: il regalo di Trump e Putin all’amico Orbán in vista delle elezioni E Trump non appare affatto insensibile ai desiderata dell'amico sodale se a mezza bocca ha sempre alluso alle «dolorose concessioni» obbligatorie per arrivare a un accordo e alla “situazione sul terreno” come punto di partenza della trattativa. Lasciando a ciascuno l'interpretazione di chi avrebbe vinto: se l'Ucraina che ha salvato se stessa pur decurtata del suo venti per cento ricco di miniere; o la Russia che si è presa il piatto più ricco pur senza arrivare a conquistare Kiev come era nelle intenzioni iniziali. A Trump importa poco. Per gonfiare il suo ego smisurato basta e avanza aggiungere una tacca all'albero su cui incide il numero di paci raggiunte. Con questa eventualmente, nove in nove mesi, qualcosa di mai visto nella storia dell'uomo. E del resto è ormai abituato a misurarsi se non con l'eternità almeno con i millenni, dato che in Medioriente ritiene di aver risolto una questione dopo oltre tremila anni. Vasto programma, sia per l'abnorme esagerazione sui tempi sia per la valutazione del risultato. Niente affatto acquisito, anche se ovviamente, ci si augura che si compiano i vari passi per arrivare davvero alla soluzione. Trump è riuscito là dove tutti gli altri hanno fallito: fermare Netanyahu E sembra di vederlo, l'inquilino della Casa Bianca che, voglioso di prendersi ogni giorno la scena da prima pagina, non si cura dei dettagli. Nella sua ideale agenda funziona così. Gaza: fatto! Avanti un altro. Putin gli ho parlato, vuole la pace: fatto! Tutto è un luna park meraviglioso nel magico universo di Donald, il quale peraltro aveva promesso che la questione russo-ucraina si poteva risolvere in 24 ore, ed è in ritardo sulla sua tabella di 270 giorni. Il povero Zelensky, che ha capito come funziona, nel timore di essere insolentito come quell'altra volta e nella speranza di riprendere un aereo con in tasca qualche risultato, ha imitato Putin, ha blandito il tycoon: è tutto molto complicato ma con te, caro Trump, la pace è davvero possibile. Gli deve essere costato ma, come direbbe lo stesso Trump, in questa occasione letteralmente non aveva armi. E ha tentato con l'adulazione.