Chiusi in casa dal lockdown, nelle ore di questo lungo Natale abbiamo seguito con assai maggiore emozione l’arrivo del camion carico di vaccini che quello di Babbo Natale.

Lo scrittore Gianrico Carofiglio invita a prendere sul serio queste emozioni collettive: «In momenti di crisi abbiamo bisogno di fatti ma anche di narrazioni esemplari e simboliche. Aiutano a ricreare senso di coesione e fiducia nel futuro». 

I primi vaccini somministrati oggi al personale dell’ospedale Spallanzani di Roma saranno, appunto, esemplari e simbolici, forse l’inizio della battaglia finale contro il coronavirus.

Però ricordiamoci anche di certi fatti spietati: le dosi certe di vaccino per l’Italia entro marzo sono circa 10 milioni, rendiconta la fondazione Gimbe, e sono quelle di Pfizer e Moderna. Ci sarebbero anche 16 milioni di dosi di AstraZeneca, ma ancora non c’è l’approvazione delle autorità europee, una dettagliata inchiesta di Reuters ha ricostruito la catena di errori che ha portato ai bizzarri risultati (mezza dose più efficace di una dose intera).

Ci vorranno molti mesi, insomma, prima di avere una congrua parte della popolazione vaccinata e ancora altri mesi per raggiungere l’immunità di gregge.

Serve, insomma, una certa cautela nel pensare che l’arrivo del vaccino riduca il pericolo. Abbiamo visto cosa succede a eccedere con il comprensibile desiderio di normalità dei cittadini e la presunzione della politica di aver piegato il nemico invisibile: l’Emilia Romagna è riuscita a potenziare le terapie intensive senza bisogno del ricorso al commissario Arcuri, forte di una efficace gestione dell’emergenza, ma ha abbandonato ogni tentativo di mantenere un preciso sistema di tracciamento dei contagi e oggi ha un numero di positivi per 100.000 abitanti doppio rispetto a quello della Lombardia.

In Veneto il presidente Luca Zaia, che per primo aveva investito sul tracciamento di massa, ha introdotto test rapidi in farmacia non sempre precisi che probabilmente hanno contribuito a dare a qualche positivo l’illusione di essere sano e quindi di poter ridurre le precauzioni. Oggi il Veneto ha 2.091 positivi per 100.000 abitanti. Fosse anche soltanto un problema di misurazione, come ha suggerito Zaia, comunque vorrebbe dire che dopo un anno di pandemia ancora non sappiamo contare i casi in modo uniforme sul territorio nazionale.

L’arrivo di questa variante del virus identificata in Inghilterra – che si diffonde più velocemente ma non produce sintomi diversi dalle altre – ha svegliato molti da quel torpore nel quale si erano rifugiati nell’attesa del vaccino.

La pandemia è ancora in corso, e la diversa possibilità di accesso al vaccino tra paesi ricchi e tutti gli altri, ma anche tra paesi più spregiudicati come la Cina o più rapidi e dinamici come gli Stati Uniti (entrambi vaccinano i propri cittadini da settimane), creeranno tensioni sociali e geopolitiche rilevanti.

Con l’inizio delle vaccinazioni possiamo davvero sperare nella fine di questa tragedia collettiva, meglio non perdere la lucidità e la concentrazione proprio ora.

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