In questa fine estate dal dolciastro sapore di revival, in cui nuotano negli azzurri mari del mondo redivivi Talebani sulle note di Orietta Berti, sorge da ovest, come si addice a questo mondo che viaggia alla rovescia, la disfida che vede contrapposti il Moige, acronimo che sta per Movimento italiano genitori, e Lino Banfi-Oronzo Canà-nonno Libero, colpevole di aver sparato in uno spot della Tim il suo claim immortale: Porca Puttena.

Sì. Il contendere è la locuzione in oggetto.

A detta del Moige, nell’anno del Signore 2021, la frase è di cattivo gusto e come riporta il comunicato: «…affinché lo spettatore a casa non si annoi, sia necessario ravvivare l’interesse con qualcosa che possa scandalizzare o almeno catturare Il pubblico».

Ridicolo e tragico

Sempre nel suddetto comunicato, il Moige cita Nanni Moretti e il suo celebre «le parole sono importanti» alludendo al fatto che l’espressione contestata sia, malgrado la sua ampia diffusione, volgare e inadatta ai minori.

Di questa vicenda, ridicola e tragica assieme, sembra sfuggire proprio l’importanza delle parole.

Definire scandalosa, volgare e inadatta ai minori, una frase come quella incriminata sembra stare al nostro tempo come un anacronismo, un po’ come una Fiat Ritmo, o una Vhs. Risulta abbastanza evidente l’enorme dismisura tra le parole utilizzate e il peso specifico del fatto in questione.

Così forte lo stridore da far nascere una serie di riflessioni forse inutili, ma legittime. Se è scandaloso, volgare e inadatto ai minori il porca puttena di matrice banfiana, quali parole utilizzare, si torna sempre lì, per quello che si accende quotidianamente sui display dei nostri figli?

La sessualizzazione dei minori, la pornografia con la sistematica violenza sul corpo femminile, i commenti e le shitstorm che sanno distruggere vite intere nell’arco di mezzo pomeriggio, tutto questo allora che cosa è?

Qualcosa linguisticamente non torna.

La misura congrua

Se è osceno Lino Banfi non può essere osceno allo stesso livello il corpo di una bambina di dieci anni che si fotografa in pose che nulla hanno a che fare con la sua età e la sua consapevolezza.

Ma le parole quelle sono. E utilizzarle con attenzione non è una possibilità, ma un dovere morale. La sfida resta sempre quella della puntualità, del dire nella misura più congrua.

Prima di parlare, però, occorre fare altro. Le parole si usano bene quando chiara è la visione. Innanzitutto, occorre perlustrare il presente cercando ciò che veramente andrebbe ripudiato per il bene dei bambini.

Rispondere, o almeno provare a farlo, a domande come: dove risiede oggi la vera oscenità? Cosa scandalizza fino al trauma? Cosa involgarisce?

Non è semplice, anzi, è terribilmente complicato. L’uomo contemporaneo è maledettamente attratto dai due tempi che non gli appartengono: passato e futuro.

Ma è il presente che ci inchioda al nostro destino.

Com’è vero, porca puttena.

 

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