Chissà se il ministro Lollobrigida ha mai incrociato le parole di Predrag Matvejevič, «L’Atlantico e il Pacifico sono i mari delle distanze, il Mediterraneo è il mare della vicinanza, l’Adriatico è il mare dell’intimità». E chissà se leggendole potrebbe venirgli a mente la domanda più semplice: ci si può odiare nell’intimità? Perché le tante e sacrosante critiche che gli sono piovute addosso per quella sua formula impronunciabile – “sostituzione etnica” – al fondo dietro uno scudo di falso pragmatismo, contrastare la denatalità, celano un moto d’odio verso quanti si considerano estranei da noi, diversi da noi, nostri nemici per nascita, lingua, religione o colore della pelle.

Questo, non altro, è il messaggio reazionario di un uomo di governo che il 22 ottobre dell’anno passato è salito una mattina al Quirinale per giurare «di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della Nazione». Ora, basterebbe dire che l’uscita dell’altro ieri tradisce apertamente quel giuramento, il punto è che lo ha fatto mescolando una rara infelicità verbale a un’evidente inconsapevolezza storica. Quest’ultima per altro confortata negli anni da innumerevoli esternazioni dell’attuale premier, Giorgia Meloni, su presunti disegni di “sostituzione etnica” finanziati alle spalle dell’Europa dall’immancabile George Soros.

Ma lasciamo un istante da parte la genesi di quella formula detestabile e comunque per chi voglia approfondire il tema valga il rimando a Renaud Camus e al suo Le grand remplacement (edizioni Reinharc, Neuilly sur Seine, 2011). Lì si paventava la sorte dell’uomo bianco europeo destinato a essere sostituito da asiatici, africani e islamici in una deriva che avrebbe condotto a sopprimere la “sua” (dell’uomo bianco) religione, cultura e civiltà. Il tutto a configurare un complotto ordito dal capitale finanziario, burocrazie europee, ebrei e altre follie della mente. Bene, anzi malissimo. Ma a voler incalzare il ministro si dovrebbe ricordargli qualche pagina del passato assai più prossima a lui e, ahimè a tutti noi.

Inconsapevolezza storica

Si tratta della parabola vissuta dal nostro confine orientale, il più tragico, quello dove le code dell’ultimo conflitto mondiale si sono allungate oltre ogni logica. Perché in quel lembo di terra, e d’Europa, prima, durante e dopo la guerra non si sono consumate deportazioni, espulsioni o forme di pulizia etnica, atroce sintesi quest’ultima generata da tragedie successive a quella pagina di storia. Lì, a cavallo di quel confine è più giusto parlare di veri e propri “fenomeni di sostituzione nazionale”, formula tutt’altro che meno inquietante e drammatica delle altre e che allude precisamente alla strategia applicata in parti diverse del continente su come “accomodare” persone con appartenenze nazionali diverse in un unico stato.

Nel caso nostro ha significato per il fascismo allontanare migliaia di cittadini sloveni e croati dalle regioni italiane. Poi, dopo gli accordi di pace a indurre l’Esodo dall’Istria di migliaia di cittadini italiani costretti a lasciare case e beni tra gli anni Quaranta e Cinquanta. Ma perché riandare a fatti così distanti e in apparenza slegati dalle reazioni di queste ore all’uscita scomposta di un ministro in carica? Perché, come ha spiegato Raul Pupo, storico che a quelle vicende ha dedicato saggi preziosi, «nella lotta politica può sempre esserci spazio per i compromessi, in quella nazionale no».

Il nazionalismo finisce con l’essere il migliore concime per spargere odi destinati prima o poi a esplodere. Nella lunga storia che abbiamo alle spalle è puntualmente avvenuto, ma sta precisamente qui la gravità delle frasi di un esponente del governo in carica.

L’avere parlato senza cognizione alcuna dell’immoralità delle sue parole e delle tragedie che hanno originato ben prima che lui nascesse. È vero che di per sé l’ignoranza non è una colpa, ma farne mostra da un pulpito del potere, quello sì. O meglio, più che una colpa è un pericolo e i pericoli è sempre bene scorgerli e denunciarli per tempo.

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