C’è un limite a tutto. Come usa dire, scherza con i fanti ma lascia stare i santi. Sono sobbalzato, e molti altri come me, quando ho sentito menzionare il nome di Giuseppe Lazzati da Maurizio Lupi nel dibattito alla Camera sul vergognoso rilascio del tagliagole Almasri destinatario di un mandato di arresto da parte della Corte penale internazionale.

Di Lazzati è effettivamente in corso il processo di beatificazione. Presto, per la Chiesa, sarà annoverato tra i santi. A beneficio dei più giovani: Lazzati è una delle più prestigiose figure del cattolicesimo del novecento, «limpido testimone e impareggiabile maestro» (così il cardinal Martini) per più generazioni del laicato cattolico.

Fu deportato nei lager tedeschi per essersi rifiutato di aderire alla fascista Repubblica di Salò, poi fu tra i padri costituenti, uno dei quattro eminenti intellettuali-politici (i cosiddetti “professorini”, con lui, La Pira, Dossetti, Fanfani) raccolti intorno alla rivista della sinistra Dc “Cronache sociali”, amico fraterno di Papa Montini, rettore dell’Università cattolica. Il nome di Lazzati, nel 1985, figurava nella ristretta rosa dei candidati al Quirinale.

Lupi ha avuto l’ardire di impartire lezioni a chi doverosamente chiedeva di fare chiarezza su quella che un maldestro di difensore d’ufficio del governo quale Bruno Vespa ha definito una “schifezza”. Una evocazione blasfema quella di Lazzati – fiero antifascista, tra gli artefici della Costituzione – per difendere l’indifendibile. Da che pulpito!

Una mera sigla pronta all’uso

I sedicenti Moderati di Lupi sono un caso da studiare. Non che sia agevole attribuire un senso plausibile a tutti i partiti che affollano la scena. Ma, quello di Lupi, è, per eccellenza, vistosamente privo di quale che sia ragione politica. Una mera sigla pronta all’uso … di altri. Indifferentemente disponibile a farsi arruolare. Elettoralmente parassitaria. Stimata sistematicamente da tutte le rilevazioni all’1 per cento che, secondo i sondaggisti, è accreditato d’ufficio a chi semplicemente figura in elenco.

Sin qui appendice di Forza Italia, a detta di alcuni, si appresterebbe a passare a servizio di Fratelli d’Italia. Rivelatrice un’uscita di La Russa, che, vedi caso, a freddo e intempestivamente, ha buttato lì l’idea di candidare Lupi a sindaco di Milano. Egli, effettivamente, da qualche tempo, ha preso a smarcarsi a destra da Fi, che già si segnala di suo per gregarismo e subalternità a Meloni.

Resta soprattutto la domanda di fondo: che ci fanno i sedicenti moderati in una coalizione a trazione di estrema destra? Al carro di Trump e Musk, impegnato a patrocinare e sostenere l’Internazionale nera in Europa. Moderati che si sono intestati l’ex sottosegretario Sgarbi, non proprio un campione di moderatismo. O a dare rifugio a due vestali del berlusconismo come Gelmini e Carfagna, goffamente rientrate a destra dalla fuitina con Azione, ma non gradite da Fi che avevano lasciato con grande clamore.

I sedicenti Moderati, manco a dirlo, con discreta presunzione, dicono di rifarsi all’eredità di De Gasperi. Ma il leader trentino mai cedette alle lusinghe e alle pressioni – comprese quelle alte di Pio XII nel 1952, con la cosiddetta “operazione Sturzo” al Comune di Roma – tese a stringere alleanze con le destre missine. Con tutti i suoi limiti, la vecchia Dc, nella cui sinistra dossettiana militò Lazzati e della quale i moderati di vario conio fanno a gara nel professarsi eredi, mai stabilì un’alleanza organica con la destra post-fascista.

Come non indignarsi alla evocazione di Lazzati a difesa di un governo responsabile del rilascio di un criminale della caratura di Almasri con aereo di Stato?

© Riproduzione riservata