Il ministro della Salute, Roberto Speranza, è rimasto l’unico componente dell’attuale governo cui imputare gli errori commessi nella gestione dell’epidemia, passati e presenti. Gli attacchi a Speranza sono tali che il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha reputato di intervenire – nella conferenza stampa del 9 aprile scorso - attestandogli la propria stima e precisando di essere responsabile della sua conferma al vertice del dicastero.

Precisazione superflua, perché la Costituzione è chiara al riguardo: «Il presidente della Repubblica nomina il presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri». Peraltro, così come il nuovo premier ha cambiato alcuni soggetti nella squadra di gestione dell’epidemia – Commissario straordinario per l’emergenza e vertice della Protezione Civile – ed è intervenuto sulla composizione del Comitato tecnico scientifico, le cui esternazioni mediatiche ha pure limitato, avrebbe potuto anche sostituire Speranza. E non l’ha fatto.

Qualcuno ha letto nelle parole di apprezzamento di Draghi verso il proprio ministro la premessa dell’applicazione del principio “promoveatur ut amoveatur”, e quest’ipotesi è stata confermata dalle voci secondo le quali Speranza sarebbe stato spostato a un incarico superiore, in attuazione di tale principio. Le voci sono state smentite, ma il fatto che siano circolate è comunque un indizio. Tuttavia, al di là degli indizi, ci sono segnali concreti circa il fatto che forse la stima di Draghi per Speranza inizi a vacillare.

Il potere di Figliuolo

La Legge di Bilancio 2021 ha delegato il ministro della Salute ad adottare «con proprio decreto avente natura non regolamentare il piano strategico nazionale dei vaccini per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV-2».

L’8 febbraio 2021, sempre il ministro della Salute, con altri soggetti, ha predisposto Raccomandazioni ad interim sui gruppi target della vaccinazione, poi modificate e allegate al decreto di Speranza del 12 marzo scorso, contenente l’ultima versione del piano vaccinale. Dunque, tutte le decisioni sulle vaccinazioni sono state assunte dal ministro, tenendo conto dell’art. 32 della Costituzione, che tutela il diritto alla salute nella duplice dimensione individuale e collettiva, e di altri principi costituzionali, quali quelli di solidarietà sociale e di equità.

Ma, nonostante ciò, il presidente del Consiglio ha rimesso al Commissario straordinario per l’emergenza, il generale Francesco Paolo Figliuolo, la modifica dei provvedimenti sulle vaccinazioni emanati da Speranza. Tale decisione è sfociata nell’ordinanza del 9 aprile scorso.

È vero che il Commissario, in forza di un decreto del marzo 2020, dispone del potere di «adottare in via d'urgenza (…) i provvedimenti necessari a fronteggiare ogni situazione eccezionale». Ma, ammesso che possa essere considerata “situazione eccezionale” la modifica dell’ordine vaccinale sancito meno di un mese fa dal ministro della Salute, è singolare che il presidente del Consiglio abbia incaricato il Commissario, e non il ministro, di modificare le disposizioni del ministro stesso.

È vero che nell’ordinanza di Figliuolo si dice che si è tenuto conto, tra le altre cose, «del concorde avviso del ministero della Salute», ma l’atto è del generale, mentre il ministro resta ai margini.

La scelta di Draghi di far intervenire Figliuolo sui provvedimenti di Speranza ha pure determinato l’aggiunta di un’ulteriore fonte giuridica in tema di vaccinazioni. Infatti, come detto, il Piano vaccinale è stato adottato con “decreto avente natura non regolamentare” del ministro della Salute; le indicazioni sui gruppi target sono “Raccomandazioni” dello stesso ministro, insieme ad altri soggetti; e ora si aggiunge la recente “ordinanza” del Commissario con il nuovo ordine vaccinale, che modifica in parte quello precedente, pur precisando di essere «in linea con il Piano nazionale del Ministero della Salute». Per i non-giuristi può essere difficile orientarsi.

Lo scontro tra De Luca e Figliuolo

Con l’ordinanza di Figliuolo si è aperto un nuovo capitolo dello scontro tra governo e regioni. Il presidente della Campania, Vincenzo De Luca, ha reagito affermando che nella Regione «la campagna di vaccinazione segue le priorità indicate per gli ultraottantenni e le categorie fragili», ma che «l’accumulo di Astrazeneca non utilizzato» comporterà il suo uso «anche per categorie economiche» (personale agli sportelli di uffici pubblici, dipendenti del comparto turistico ecc.).

Al comunicato di De Luca, Figliuolo ha replicato che «la campagna vaccinale deve proseguire in modo uniforme a livello nazionale, senza deroghe». Tale replica è sembrata un primo cenno all’eventuale avvio dell’iter per l’esercizio dei poteri sostitutivi, ai sensi dell’art. 120 della Costituzione, che la citata Legge di bilancio 2021 attribuisce al Commissario.

L’iter è abbastanza complesso, poiché prevede l’assegnazione di «un congruo termine» per adempiere alle disposizioni fissate a livello centrale, decorso il quale il Consiglio dei ministri, «su proposta del ministro competente o del presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari». Si arriverà a questo punto?

Isole Covid-free

De Luca ha affrontato anche il tema delle cosiddette isole Covid-free. L’obiettivo è quello di immunizzarle per offrire ai vacanzieri aree libere dal virus, quindi più attrattive. Circa le isole, De Luca ha detto che «Una volta completati gli ultra 80, gli ultra 70 e 60, il centro vaccinale territoriale può procedere verso tutte le categorie», ma sarebbero da immunizzare pure quelli che vi si spostano per lavorare in alcuni periodi. Il tema va affrontato con pragmatismo, anche giuridico.

Considerata la vocazione turistica delle piccole isole e la limitatezza del numero di residenti nelle stesse, gran parte degli appartenenti alle classi anagrafiche che residuano dopo i sessantenni rientrerebbe nelle categorie economiche indicate da De Luca, le quali peraltro parzialmente coincidono con alcune categorie preferenziali del Piano nazionale. Pertanto, posta la necessaria condizione di mettere prima in sicurezza i fragili, le deroghe all’ordine vaccinale sarebbero contenute.

Il governo potrebbe intervenire con un provvedimento su scala nazionale, individuando requisiti comuni ad alcune isole, aree svantaggiate per definizione, idonei a renderle destinatarie di un trattamento vaccinale differenziato. Con indicazioni chiare a livello centrale si riusciranno a evitare polemiche e confusione, per una volta?

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