Bene, adesso possiamo ufficialmente preoccuparci: l’Italia è nei guai per il piano Next Generation Eu. Per capirlo basta mettere in fila le dichiarazioni del premier Giuseppe Conte di ieri e i documenti diffusi ieri dal Pd e da Italia Viva di critiche al piano del governo. I timori del commissario agli Affari economici Paolo Gentiloni sembrano più che fondati: ad oggi l’Italia non è neanche lontanamente in grado di presentare alla Commissione europea proposte articolate entro il 15 febbraio.

«Non si possono fare troppi investimenti altrimenti aumenta il debito, per questo dobbiamo finanziare investimenti già decisi», ha detto Conte nella conferenza stampa di fine anno. D’accordo che Conte è un giurista e non un economista, ma questa comincia a diventare un’aggravante.

Il ragionamento di Conte è il seguente: se usassimo tutti i 209 miliardi di euro per nuovi investimenti, l’Italia si caricherebbe di circa 127 miliardi di nuovo debito, al netto degli aiuti a fondo perduto. Meglio quindi prendere i 65 miliardi da non rimborsare e usare il prestito della Recovery and Resilience Facility per finanziare progetti già decisi che sarebbero stati comunque finanziati a debito, ma il fondo europeo garantisce tassi più bassi del mercato. Almeno 88 miliardi andranno quindi a progetti (infrastrutture e altro) già decisi).

Il Recovery fund finirà così per farci risparmiare, nel migliore dei casi, qualche centinaio di milioni di euro di interessi sul debito pubblico senza però far aumentare di molto il Pil, visto che non si fanno grandi investimenti aggiuntivi rispetto a quelli già deliberati.

Con una certa schizofrenia, quindi, il governo Conte vuole usare gran parte del Recovery Fund al solo scopo di risparmiare tassi di interesse sul debito ma rifiuta di prendere il fondo Mes che avrebbe la stessa funzione.

Spendere bene e in tempo tutti i 209 miliardi per nuovi progetti sarebbe difficile, certo, potrebbe far crescere in modo più strutturale il paese se avesse un impatto sulla produttività.

Tradotto: risparmiare qualche milione sulla costruzione di una linea ad alta velocità al Sud che avremmo fatto comunque non cambia il potenziale di crescita del paese, costruire anche un’università lungo quella ferrovia invece fa parecchia differenza. Il debito che stiamo accumulando con la pandemia può essere sostenuto soltanto con un tasso di crescita maggiore di quello a cui aumenta la spesa per finanziarlo, non con qualche risparmio al margine.

Se questo è l’approccio della maggioranza, non può stupire allora il vuoto pneumatico di idee intorno al Next Generation Eu: nessuno al governo sta davvero pensando di usarlo per alzare il potenziale di crescita del paese. Il Partito democratico, che esprime i due ministri più coinvolti nel Next Generation (Affari europei ed Economia), ha mandato a Conte il suo documento con le proprie priorità: dieci paginette, neanche un numero, l’unica idea concreta è la “decarbonizzazione dell’ex Ilva di Taranto” (solo annunciata), per il resto i soliti slogan tipo “un disegno riformista sul fronte degli ammortizzatori sociali”.

A confronto è un lavoro da statisti quello di Italia Viva di Matteo Renzi: 33 pagine fitte di cifre e analisi. Le critiche di metodo sono precise, il piano del governo non indica mai quanto costa una specifica misura, qual è l’obiettivo da raggiungere e in quanto tempo, dunque si tratta soltanto di buoni propositi non misurabili.

Italia Viva contesta anche la sciatteria del piano, le spese per la giustizia, per esempio, compaiono in due parti diverse del documento come se l’estensore governativo avesse fatto un collage riuscito male.

Poi, certo, le proposte di Renzi sono spesso vaghe e quelle precise – il recupero del ponte sullo stretto di Messina – assai opinabili. Ma alle sue critiche Conte e il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, che gestisce il negoziato con i partiti, finora non hanno risposto.

Il piano del governo è arrivato sul tavolo dei ministri durante il Consiglio del 7 dicembre, quello poi sospeso per la positività (falsa) del ministro Luciana Lamorgese al coronavirus. Da allora si è aperta una crisi intermittente ed è passato così quasi un mese. E sul Next Generation siamo a meno di zero.

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