La figura della madre coraggiosa che resta a casa con i figli mentre il padre parte per una lunga missione appartiene a un immaginario antico, distante dal dibattito. È un’icona.

La figura della madre che parte per quella stessa missione e lascia a casa il padre con i figli è in grado di infiammare, invece, ancora oggi, i demoni della polemica. Questo avviene non solo qualora la missione presenti un rischio fisico, ma anche quando sia priva di rischi. Una donna parte per sei mesi e va a fare ricerca in un altro continente.

Una donna riceve un’offerta di lavoro all’estero e decide di non trasferire la famiglia, ma di fare la pendolare dei cieli. È una cosa che molti uomini fanno, il pendolare dei cieli. Milano-Londra. Milano-Francoforte.

Giacca e cravatta, trolley, monolocale nella metropoli straniera. L’uomo prende il primo aereo del lunedì, resta quattro giorni all’estero, rientra, raggiunge la famiglia, il venerdì lavora a distanza o sta con i figli, «nel fine settimana mi dedico interamente ai figli».

Immaginate madri che dicano «lavoro all’estero, ma nel fine settimana torno e mi dedico interamente ai figli». Esistono, ma sono guardate come elementi inusuali del panorama umano.

Spartiacque esistenziale?

Il problema è così sentito che si compone di vari strati. Una donna può, in assoluto, separarsi dai figli? Se sì, per quanto tempo? Il solo fatto che esistano domande così precise dovrebbe insospettirci. Ma andiamo avanti.

Escluse le persone molto conservatrici, nessuno ormai si inalbera se una donna si separa dai figli per pochi giorni. «Essere madre non è una galera!» «Vai, divertiti nel fine settimana con le amiche!»

Se i figli sono molto piccoli, le cose si fanno più complicate, qualche giudizio arriverà. Spesso sarà la stessa madre a limitarsi. «Non posso lasciare il mio bambino per una settimana. È troppo presto. Non sarebbe giusto». L’ho sentito molte volte. Esistono donne che non dormono lontane dal figlio per i suoi primi due, tre anni di vita.

A meno che non esistano ragioni gravi per farlo. Al lato opposto del problema troviamo il padre che, quando la madre finalmente decide di assentarsi per qualche giorno, resta a casa con i figli e li gestisce. Diventa un eroe. «Al mio ritorno ho trovato persino la casa in ordine». Persino. «Non in ordine come la lascerei io, questo no, certo». No, certo.

Passiamo al livello successivo di difficoltà. Abbiamo stabilito che una donna può separarsi dai figli per qualche giorno senza provocare sconcerto. Ma per alcune settimane, o addirittura per mesi? È giusto che scelga una professione che lo richiede? In questo caso il numero di persone che risponde «sì, certamente» diminuirà.

Lo sappiamo anche senza fare un sondaggio. Lo sappiamo, noi donne soprattutto, perché ci basta esistere per saperlo. «Se voleva quella carriera, i figli poteva anche non farli».

La frase «i figli potevi anche non farli» una madre la sente spesso. Magari non gliela dice qualcuno in faccia, magari la trova sui social, a commento di qualche vicenda che sente vicina. È come se per una donna decidere di avere figli rappresentasse uno spartiacque esistenziale assoluto. Una conversione religiosa. Di sicuro avere figli rappresenta un cambiamento.

Chi sceglie di farlo dovrà prendersi delle responsabilità. Eppure le critiche sono sempre più feroci per la madre, incredibilmente più feroci. Per gli uomini, certe domande non sono mai state neppure fabbricate. Nessuno dice a un uomo «se volevi quella carriera, i figli potevi anche non farli».

Guardiamo il problema da un’angolazione diversa. In passato ho lavorato in un ambiente che alcuni definirebbero maschile. Un collega un giorno mi disse: «Io non voglio sposarmi, avere figli. Ma sento la pressione». Pensai si riferisse a pressioni famigliari, la vecchia zia che dice «quando ti metti a posto?» Intendeva altro. «La pressione qui, sul lavoro. Le donne sul lavoro sono vittime di pregiudizi, se fanno un figlio. Starà a casa, lavorerà peggio. Quando un uomo annuncia di stare per avere un figlio, invece, il datore di lavoro è contento, pensa che sei uno a posto, uno rassicurante, incatenato alla scrivania. E se di figli non ne fai, non è che ti penalizzino per la carriera, ma sembri uno che nasconde qualcosa».

Questa riflessione mi torna sempre in mente quando penso a cos’è la parità non solo professionale, ma esistenziale. Una persona che sceglie di avere dei figli andrà incontro a giudizi ben differenziati per maschi e femmine. Alla base c’è un’ideologia lugubre e indistruttibile, che in un modo o nell’altro soffoca tutti.

© Riproduzione riservata