Mai fidarsi di Silvio Berlusconi, la cui esistenza politica continua a essere corrosiva per la democrazia italiana. L’ultimo esempio è il provvedimento salva Mediaset, una legge su misura che serve a neutralizzare i diritti di voto di Vivendi, la holding di Vincent Bolloré azionista di Mediaset, così da non ostacolare le scelte strategiche dell’azienda televisiva controllata dalla famiglia Berlusconi. 

Dall’ipocrisia assoluta che circonda il conflitto di interessi di Berlusconi non si salva nessuno: il Pd che presenta l’emendamento a firma della senatrice, Valeria Valente, e poi quando scoppia la polemica rifiuta di pagare da solo il prezzo politico dell’ennesimo favore agli interessi di un (in teoria)  avversario politico e costringe il ministro dello Sviluppo Stefano Patuanelli, un Cinque stelle, ad ammettere di aver scritto lui la norma. Patuanelli, a sua volta, non vuole fare il capro espiatorio, e coinvolge il ministero dell’Economia guidato da Roberto Gualtieri. Il silenzio del premier Giuseppe Conte sull’argomento implica approvazione. 

Sui giornali Berlusconi ripete, come fa dal 1994, che Mediaset è stata soltanto penalizzata dal suo ingresso in politica che nulla c’entra l’emendamento per neutralizzare Bolloré con le manovre di avvicinamento di Forza Italia al governo, per sostenerlo in un Senato dove la maggioranza è sempre più fragile anche in virtù delle tante espulsioni di senatori Cinque stelle. Ma che l’emendamento pro-Mediaset sia da interpretare in chiave politica lo confermano le dinamiche interne al centrodestra: la Lega non vota l’emendamento, ne mette in dubbio la costituzionalità, Forza Italia protesta per il gesto ostile, tre deputati migrano nella Lega, Matteo Salvini dimostra il suo desiderio di tenere unito il centrodestra riformulando la pregiudiziale di incostituzionalità sulla norma pro-Mediaset. 

(AP Photo/Darko Vojinovic)

Forte di un capitale di empatia dovuto alla malattia da Covid, Berlusconi ha colto l’occasione per cercare, come ha fatto spesso, di presentarsi con il suo volto rassicurante, interprete di un centrodestra moderato che é sempre esistito soltanto nei suoi slogan, mentre Forza Italia produceva - con rare eccezioni - la peggiore classe dirigente della storia patria. 

La marcia verso la riabilitazione dura da mesi e ha incluso opache manovre intorno alle registrazioni di un giudice morto, Amedeo Franco, componente del collegio di Cassazione che ha condannato in via defintiva Berlusconi per frode fiscale nel 2013. Franco, sette anni dopo e senza più possibilità di smentire, alludeva a pressioni dietro quella sentenza. Nessuna conseguenza concreta, ma quanto basta per diffondere una verità alternativa, come direbbero alla Casa Bianca di Donald Trump, utile ad avanzare nuove richieste di perdono, magari al prossimo presidente della Repubblica eletto coi voti di Forza Italia. 

Anche a fine 2014 Matteo Renzi, da poco al governo, aveva impostato una collaborazione con Silvio Berlusconi e, guarda caso, alla vigilia di Natale una “manina” mai identificata inserisce in un decreto del governo renziano un comma che depenalizza la frode fiscale alla base della condanna di Berlusconi. Poi il comma salta, ma il metodo si ripete: ogni volta che Berlusconi offre la sua disponibilità per senso delle istituzioni, ma pretende in cambio benefici per le sue aziende o per la sua fedina penale. Comprensibile il timore del capo dello Stato Sergio Mattarella per un centrodestra guidato da Salvini al governo, ma siamo sicuri che sottomettere la democrazia italiana alle esigenze di un pregiudicato sia davvero meglio?

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