Manovra, difesa ed Europa: cosa deve fare adesso Meloni

Legge di bilancio, sostegno militare all’Ucraina e istituzioni europee. È il “problema dei tre corpi” che il governo Meloni si trova a gestire in queste settimane. La legge di bilancio è di piccola taglia rispetto ad altre annate, ma in ogni caso mostra frizioni tra le forze del centrodestra. In parte queste sono fisiologiche in quanto la politica si fonda anche sul chi-prende-e-cosa e in parte però si intrecciano con le questioni di politica internazionale. I voti della manovra. Vince Giorgetti, Salvini merita un 3 Costrizioni economiche Meloni e Giorgetti sembrano fare fronte comune per mandare un messaggio chiaro alla maggioranza parlamentare: l’Italia non può discostarsi dagli impegni sul deficit, la politica economica deve restare conservativa, il rating deve migliorare e lo spread restare basso. Senza questi elementi non ci può essere stabilità governativa e finanziaria e se questo significa moderati aumenti di tasse, con una opposizione anche debole e scoordinata, la premier sembra disposta a scontarli sul piano politico. Inoltre, Meloni e Giorgetti sembrano promettere ai partiti che un eventuale allargamento dei cordoni della borsa potrà farsi soltanto l’anno prossimo per capitalizzare i consensi in vista delle elezioni politiche del 2027. Come la maggioranza supererà questa fase sarà importante per comprendere se ci attende un 2026 a volume basso o se invece inizieranno schermaglie competitive sempre più forti tra i tre partiti. La scarsità di risorse resta un problema se ci volgiamo alla politica internazionale. La guerra in Ucraina non sembra destinata a chiudersi in breve tempo, anzi in questo momento si attraversa una fase di escalation tra Russia e blocco Nato tra sanzioni rinforzate e Stati Uniti che vogliono vendere le proprie armi agli europei al fine di girarle a Kiev. Tutte queste manovre hanno un costo che allo stato attuale ricade sulle finanze nazionali. Da alleata di Trump, Meloni non può recalcitrare in termini di sicurezza anche perché il presidente repubblicano sembra pronto a infliggere danni a chiunque non si adegui. Un tradimento della leader italiana sulla difesa non sarebbe tollerato. Il governo dunque dovrà far fronte a nuovi impegni di spesa militare che si coniugano alla nuova cornice della Nato nella speranza che le aziende italiane possano giocare un ruolo nella ricostruzione ucraina. Tasse, pensioni e sanità, tre anni di promesse tradite dalla destra Gli steccati europei In ogni caso, il bilancio italiano dovrà essere ristrutturato per fare maggior spazio alle spese in difesa almeno per qualche anno. E qui arriva il terzo “corpo”, quello dell’Unione europea. A Bruxelles si discute, e come sempre ci si impantana, sull’utilizzo eventuale degli asset russi congelati sul continente per finanziare lo sforzo bellico ucraino. Questa è solo una delle sfaccettature dei problemi che tutti i governi europei si trovano davanti. Può l’attuale Ue, senza una sforzo di creatività istituzionale e senza nuovi strumenti, superare il protezionismo, l’allentamento della globalizzazione, il riarmo, l’investimento in nuove tecnologie e un Green deal sempre più fallimentare a livello economico ed energetico? La risposta razionale è no, ma poi c’è il piano della realtà fondato sulla scarsa fiducia tra paesi. Il riflesso di questo scetticismo nel costruire nuovi strumenti comuni lo si vede dalla ritrosia del governo tedesco a parlare di mutualizzazione del debito per finanziare nuove politiche europee e dal rifiuto di Giorgia Meloni di superare la regola dell’unanimità nelle decisioni del Consiglio europeo. Meloni smentisce Trump: «Noi con Kiev». La freddezza della Lega sui soldi del riarmo Quest’ultima posizione poteva avere un senso politico quando vigeva il paradigma dell’austerity da parte dei tedeschi e degli altri paesi del nord al fine di difendere l’interesse nazionale, ma oggi ci muoviamo in una situazione radicalmente diversa in cui il tema principale è la sicurezza e in cui tutti i paesi europei hanno rotto il paradigma della fiscalità rigida, Germania in primis. Una maggioranza qualificata, invece dell’unanimità, per far procedere le istituzioni europee più rapidamente in settori come difesa e politica industriale non deve essere più considerata, nemmeno da destra, come un tabù. Anche perché come mostra il “problema dei tre corpi” che il governo fronteggia, la coperta rischia di essere troppo corta senza un robusto sostegno europeo nel riarmo e nelle politiche industriali. Se l’acquisto e produzione di nuove armi avverrà a livello nazionale sarà inevitabile, per uno stato col debito pubblico italiano, sacrificare risorse altrove rendendo sempre più difficile la convivenza tra i partiti e le tenuta dell’elettorato di centrodestra.