Sostiene l’Ecclesiaste che “c’è un tempo per l’elezione del presidente della Repubblica e c’è un tempo per vietarne l’ineleggibilità”. Da tempo secolarizzati, anche se per molto tempo democristiani, alcuni parlamentari del Partito democratico hanno depositato un disegno di legge assolutamente intempestivo. Intendono vietare la rieleggibilità del presidente della Repubblica, sulla scia di dichiarazioni in tal senso di Antonio Segni e Giovanni Leone, certamente non considerati fra i migliori presidenti italiani, e eliminare il semestre bianco, il periodo nei sei mesi precedenti la fine del suo mandato nel quale il presidente non può sciogliere il parlamento. L’intempestività è acclarata.

I disegni di legge costituzionali, come questo, richiedono una doppia lettura di Camera e Senato a distanza minima di tre mesi.

Dunque, il disegno di legge primo firmatario Zanda non ha probabilità di essere approvato in questa legislatura. Dunque, quand’anche fosse debitamente calendarizzato, è destinato a “cadere” e dovrà essere ripresentato nella prossima legislatura ricominciando da capo il suo iter.

Il disegno di legge è intempestivo anche perché il presidente Mattarella ha più volte dichiarato la sua indisponibilità ad accettare una rielezione. Dal Quirinale hanno espresso stupore che in questa già di per sé complicata circostanza qualcuno s’ingegni a ritoccare la Costituzione, mandando non è chiaro quali messaggi a chi.

Il ddl Zanda et al. è anche fuori luogo poiché non risolve nessuno dei problemi esistenti riguardanti le modalità con le quali si potrebbero/dovrebbero manifestare le candidature e lo svolgimento di un trasparente dibattito pubblico.

Al proposito, non abbiamo nessun insegnamento da trarre da qualsivoglia conclave, luogo quant’altri mai oscuro, ricco di complotti, denso di intrighi di cui nessuno oserebbe accollarsi le responsabilità.

Si dice che molti entrino papi nel conclave e ne escano scornati, chiedo scusa, ma, purtroppo, nessuno chiarisce con quali credenziali si presentino i papabili e quali sono i loro successivi percorsi.

Hanno scritto libri, quei cardinaloni? Partecipato a talkshow televisivi? Sono noti influencer? Quando, più o meno ad arte, perdono le staffe, l’audience si impenna?

Imporre la non-rieleggibilità del presidente significa andare contro una delle migliori qualità delle democrazie parlamentari, la loro flessibilità, la loro capacità di fare fronte alle sfide in maniera inusitata. Non troppo paradossalmente, la rigidità è, anche, talvolta soprattutto, fragilità.

Quanto al semestre bianco, prima di eliminarlo, sarebbe utile raccogliere e analizzare alcuni dati. Primo, quante volte in questi più di settant’anni di vita della repubblica italiana si sono presentate situazioni nelle quali sarebbe stato opportuno che il presidente della Repubblica sciogliesse il parlamento e il suo non poterlo fare ha provocato gravi danni al sistema politico italiano? Non era, comunque, e non rimane preferibile che i partiti risolvano i conflitti in parlamento invece di logorare l’elettorato con scioglimenti a raffica anche nei sei mesi finali di una presidenza?

Infine, non sarebbe forse il caso che ci si rendesse conto che il vero potere del presidente della Repubblica non consiste nello scioglimento del parlamento, ma nel dire “no, non sciolgo né pro né contro nessuno, e contribuisco alla soluzione del problema incoraggiando la formazione di una maggioranza che dia garanzie di stabilità politica e di operatività decisionale”.

C’è un tempo per lo scioglimento e c’è un tempo per la prosecuzione. Meglio non imporre nulla.    

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