La destra al governo punta sulle elezioni a giugno 2024, per allearsi col Partito popolare e invertire la rotta della Ue: barra non più sulla storica “Unione sempre più stretta”, ma sull'Europa delle nazioni scritta nel Dna della destra reazionaria. Tutti pensano alla Rai, ma è a questa retrograda egemonia che mira la premier Giorgia Meloni, spinta dal “bucatino magico”.

L'antenato da cui non possono staccarsi disse il 10 giugno '40: «L'ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra patria». Voleva qualche migliaio di morti per sedersi accanto a Hitler da vincitore e pugnalò alle spalle la Francia; consegnò così alla fragile democrazia profilata da una feroce guerra civile, centinaia di migliaia di morti e un paese distrutto.

Il tema ha grande, e attuale, peso strategico. Sul Corriere una vecchia volpe come Paolo Valentino chiede al cancelliere tedesco Olaf Scholz – che ieri ha visto Meloni - cosa pensa della freddezza del ministro degli esteri Tajani sulla proposta del neonato “Club degli amici”: estendere il voto a maggioranza alla politica estera e di difesa Ue. Scholz va giù duro sul diritto di veto di ogni paese Ue: «Abbiamo bisogno di più decisioni del Consiglio a maggioranza qualificata in politica estera e fiscale. Continuerò a fare opera di persuasione per convincerli di questo». Meloni non se la caverà con acrobazie verbali; non funzionano mai, certo non con Berlino.

La Ue è a un bivio, o avvizzisce sul passato che non tornerà, o si rafforza col “Club”, un gruppo piccolo ma compatto, intorno ai sei fondatori e alla Spagna; l'adesione di Madrid è a rischio, là votano a luglio. Meloni non ripeta il supporto agli amici di Vox, quel video è raggelante; non deve solo tacere sulla Spagna, ma anche parlar chiaro sull'Europa. Ha vinto le elezioni, in formazione raccogliticcia ma furba; nessuno gli ha dato mandato per affossare l'Unione.

Scholz ricorda indirettamente che del “Club degli amici” (forse a sua insaputa), anche Roma fa parte; se per Tajani l'iniziativa non è una priorità, rinnega il sostegno già dato. Non è solo incoerenza, ci fanno perdere l'appuntamento con la Storia, con la S maiuscola.

Roma lotta da sempre contro il diritto di veto dei paesi membri, che blocca ogni iniziativa. Su tale punto le opposizioni, per una volta unite (inclusi Calenda e Renzi, se smettono di litigare), picchino duro.

Quanto al “progressista” Giuseppe Conte, sarà meglio consultare l'astrologo. Un controverso, grande europeo, François Mitterrand disse al parlamento Ue nel 1995: «Il nazionalismo è la guerra». Erede del nazionalismo, la sovranista Meloni è davanti a Rodi. Non ci prenda in giro, deve saltare, dica sì o no, e ne paghi lo scotto; il resto appartiene ai tremebondi, che la Storia la subiscono, non la fanno.

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