«Nessun potere dello Stato è immune da vincoli e controlli», ha detto il capo dello stato. È un concetto che il governo stenta ad accettare. Ne è ennesima dimostrazione la lettera che Italia e Danimarca hanno inviato alla Corte europea dei diritti dell’uomo, chiedendo che le sue decisioni si conformino alle esigenze politiche degli stati
«Nessun potere dello Stato – nessuno – è immune da vincoli e controlli», ha detto Sergio Mattarella durante l’incontro con i magistrati ordinari in tirocinio. «La stessa sovranità popolare – ha proseguito il presidente della Repubblica – viene esercitata “nelle forme e nei limiti stabiliti dalla Costituzione”, come questa dispone nel suo primo articolo».
Le parole di Mattarella paiono indirizzate, tra le righe, a esponenti del governo che, specie in tema di immigrazione, non perdono occasione per mostrare una certa intolleranza verso i vincoli costituzionali e i controlli della magistratura, accusata di ostacolare le politiche dell’esecutivo.
Emblematico è il commento che la presidente del consiglio formulò dopo la prima mancata convalida del trattenimento di migranti in Albania, nell’ottobre scorso, lamentando «un certo menefreghismo rispetto al voto popolare». L’idea – opposta a quella espressa dal Quirinale – è evidentemente che una mal intesa “sovranità popolare” conferisca al governo una sorta di onnipotenza, rendendolo superiore alla legge, e quindi anche ai tribunali che la legge interpretano e applicano.
Di recente, il sottosegretario alla presidenza del consiglio, Alfredo Mantovano, è andato pure oltre, criticando i giudici che, specie in tema di immigrazione, erodono gli «spazi regolativi del legislatore nazionale», dando preminenza alla Costituzione e ai vincoli europei e internazionali. Ma tale preminenza non è un’invenzione dei giudici: è sancita dalla stessa Costituzione, nonché affermata dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea.
La lettera alla Corte Edu
L’intolleranza del governo a vincoli e controlli si rinviene nella lettera con cui il 22 maggio scorso, Italia e Danimarca (e poi Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia), hanno accusato la Corte europea dei diritti umani (Corte Edu) di interpretare la Convenzione europea sui diritti dell’uomo (CEDU) in modo tale da ridurre i loro margini di azione nel gestire l’immigrazione, e soprattutto le espulsioni di migranti.
«In tutta modestia – affermano i firmatari della lettera – crediamo di essere fortemente allineati con la maggioranza dei cittadini europei». Il concetto è sempre lo stesso: se la volontà popolare apprezza certe politiche dei governi, queste ultime devono prevalere rispetto a leggi e giudici.
La lettera indirizzata alla Corte Edu risulta lesiva, nel metodo e nel merito, delle prerogative della Corte stessa.
Quanto al metodo, la nota si configura come uno strappo istituzionale, in spregio alle modalità – accordi interpretativi o i protocolli addizionali – con cui i governi possono intervenire sulla Cedu.
Circa il merito, essa appare come un atto di ingerenza politica nell’attività di un organismo sovranazionale di garanzia. Nonostante i firmatari affermino di credere nei diritti umani, il loro fine è palese: arginare la portata delle pronunce della Corte per ampliare quella delle proprie decisioni politiche, anche a discapito dei diritti dei migranti.
La replica del Consiglio
Alla lettera ha replicato il segretario generale del Consiglio d'Europa, Alain Berset, ribadendo «l'indipendenza e l'imparzialità della Corte». «In una società governata dallo Stato di diritto – ha detto Berset – nessun organo giudiziario dovrebbe subire pressioni politiche. Le istituzioni che proteggono i diritti fondamentali non possono piegarsi ai cicli politici. Se lo fanno, rischiano di erodere la stabilità che esse stesse devono garantire». «La Corte non deve essere usata come arma, né contro i governi, né da loro», ha scritto ancora il segretario, perché se «il dibattito è salutare, politicizzare la Corte non lo è».
Insomma, prosegue l’opera di delegittimazione degli organismi di giustizia che il governo italiano ha iniziato da tempo. Sorge spontanea una domanda. Quando l’esecutivo, che accusa spesso i giudici nazionali di fare politica, chiede a quelli della Corte Edu di adottare decisioni che si conformino alle esigenze politiche dei governanti, si rende conto della propria incoerenza?
© Riproduzione riservata