Su Domani del 6 febbraio scorso Francesco Ramella sostiene che è la politica a far alzare i costi dei trasporti. Nel trasporto pubblico locale le aziende – ancora poste in Italia al riparo dalla competizione – non sono adeguatamente stimolate a perseguire l’efficienza: di conseguenza, l’assorbimento di risorse statali per obblighi di servizio pubblico, o per perdite gestionali, risulta molto elevato, con rilevante danno per la collettività.

Questa è però una delle due facce della luna, non la sola. Oltre alla politica è anche l’economia, o per meglio dire la ricerca dei profitti, che fa alzare i costi dei trasporti. Sta avanzando nel mondo, e anche in Italia, un nuovo capitalismo della mobilità.

Ci eravamo abituati a uno scenario nel quale i trasporti erano diventati una commodity: con le compagnie low cost, si è assistito a una accessibilità di massa al trasporto aereo; e grazie ai costi decrescenti delle connessioni internazionali nel trasporto dei contenitori la globalizzazione è avvenuta prevalentemente attraverso la delocalizzazione delle fabbriche.

Poi, negli anni della pandemia si è determinata una accelerazione drastica verso le concentrazioni nel mondo dei trasporti. Con linguaggio felpato, vengono in genere definite consolidamenti: non si capisce se per essere più gentili nella espressione oppure per cercare di evitare i controlli antitrust.

Nel trasporto marittimo dei contenitori le tre grandi alleanze hanno consolidato la propria quota di mercato oltre l’80 per cento del totale, con un profitto complessivo che è arrivato a superare, per le sette principali società, i 100 miliardi di dollari nel 2021.

Nel trasporto aereo le due principali compagnie low cost americane, Frontier e Spirit, si sono unite per dar vita alla quinta compagnia Usa per numero di passeggeri ed aerei, con oltre 145 destinazioni, più di 650 rotte e almeno mille voli giornalieri.

Pubblico e privato

In Europa, qualche mese fa, Wizz Air, terza low cost nel nostro continente, ha tentato di comperare EasyJet per sfidare Ryanair. Msc, prima compagnia marittima del mondo nei container, e Lufthansa, terzo vettore al mondo e primo in Europa, hanno avanzato la proposta di acquisire la maggioranza di Ita, la compagnia aerea nata dalle ceneri di Alitalia.

Insomma, le concentrazioni, o, se vogliamo utilizzare la terminologia aziendalista, i consolidamenti, sono certamente state accelerate dalla crisi pandemica, ma erano iniziate già negli anni precedenti. È mutata però la grammatica delle finalità; mentre prima l’obiettivo era quello di allargare il mercato mediante una politica aggressiva di prezzi calanti, ora è stata inaugurata una strategia di segno opposto.

Così, si sta verificando un incremento drastico dei prezzi nel settore del trasporto marittimo dei contenitori e del trasporto aereo delle merci. Nel 2021 si sono determinate crescite record, che hanno toccato in alcune tratte marittime ad incrementi superiori al 500 per cento. Tali pressioni si sono scaricate sulle filiere economiche internazionali e stanno generato pressioni inflazionistiche.

Questa è la seconda faccia della luna, quella che non è stata presa in considerazione dall’articolo di Francesco Ramella. Avanza un nuovo capitalismo della mobilità, caratterizzato da tendenze di concentrazione che sono di carattere orizzontale, verticale e trasversale.

Anche in questo caso, come in quello delle aziende del trasporto pubblico locale, a rimetterci le penne è la concorrenza. Mentre nel settore delle aziende pubbliche inefficienti a rimetterci è il cittadino contribuente, nel secondo caso, quello delle aziende private che dominano la scena del capitalismo della mobilità, a rimetterci sono i consumatori. Alla fine sono le stesse persone, siamo noi.

 

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