Mosca è resiliente. Ma la posta in gioco ora è molto più alta

A quasi quattro anni dall’invasione russa in Ucraina, ci ritroviamo ancora a commentare se il prossimo diciannovesimo pacchetto di sanzioni implementate dall’Unione europea sarà determinante per quel tracollo economico della Federazione russa, tanto auspicato, ma impropriamente annunciato sin dal 2022. Non vi è dubbio che la quantità e il tipo di misure restrittive adottate in questa fase della guerra siano un ulteriore messaggio rivolto al Cremlino riguardo la determinazione delle istituzioni europee di non cedere di un millimetro sull’assistenza militare e sulla difesa della sovranità ucraina rispetto ai segnali di un parziale disimpegno americano, che è emerso dalla vendita delle proprie armi agli europei per sostenere l’esercito ucraino. Tuttavia, rispetto al passato, questo pacchetto europeo sarà affiancato, per la prima volta, da quelle americane rivolte alle due principali compagnie petrolifere russe, Rosneft e Lukoil, nel tentativo di determinare un contraccolpo all’assetto finanziario russo. Donald Trump si è reso finalmente conto che il suo omologo russo non ha alcuna intenzione di pervenire nemmeno ad un cessate il fuoco e, così, l’amministrazione presidenziale americana ha deciso di cambiare strategia per testare la reazione russa. Ucraina-Russia, la guerra dei sabotaggi. Incendi e droni contro le raffinerie In sostanza, il presidente americano sta cercando di trovare la chiave adatta per aprire la porta delle negoziazioni, perché non può permettersi di continuare ad essere preso in giro, non solo nei media statali russi, ma anche dal capo del Cremlino, con un’evidente ricaduta anche nell’opinione pubblica americana che, seppur in gran parte disinteressata alla guerra in Ucraina, è molto attenta alle implicazioni domestiche della politica estera americana. E Trump ha compreso che non è il caso di tornare a casa da Budapest con nulla in mano, come era già successo in Alaska a Ferragosto. «Ho cancellato l’incontro con Putin, lo faremo in futuro, quando la guerra sarà risolta», ha affermato il capo della Casa Bianca: un rinvio che potrebbe richiedere più tempo di quanto si possa immaginare. Che le sanzioni non abbiano effetti immediati è una questione che più volte abbiamo approfondito in questi anni: vanno applicate, ma non devono illudere sul fatto che il risultato sia efficace rispetto all’obiettivo (un cambiamento di regime, la fine di una guerra o la difesa dei diritti civili e politici). Alcuni analisti sostengono che le sanzioni americane contro le compagnie petrolifere russe sono un atto decisamente più concreto, volto a destabilizzare un settore che non solo garantisce di sostenere economicamente la guerra, ma che è stato recentemente messo in difficoltà dagli attacchi di droni ucraini alle raffinerie russe. Non vi sono ancora analisi puntuali da parte degli economisti sulla peculiarità del sistema neo patrimoniale russo, così resiliente alle sanzioni occidentali, ma è già sufficiente osservare le reazioni successive all’annuncio di Trump per capire che in gioco vi sono numerosi interessi di diversi paesi coinvolti, come è tipico di un sistema globale. Un primo dato è l’aumento dei prezzi del petrolio di circa il 5 per cento, testimoniato dai futures Brent che favoriscono il settore americano con il rialzo giornaliero più consistente, sino a 66 dollari, dal conflitto tra Israele e Iran. Putin e Trump si vedranno a casa Orbán, schiaffo all’Ucraina e ai Volenterosi Ue Il secondo dato è la reazione della Cina e dell’India che, in base a indiscrezioni della Reuters, avrebbero già bloccato l’acquisto di petrolio russo via mare (ma vi sono altri percorsi tra oleodotti e raffinerie indipendenti…), stimando la perdita per la Russia di oltre 1,5 miliardi di dollari al mese che si aggiungerebbe al crollo del 21 per cento di petrolio e gas dall’inizio dell’anno. Sul “colpo mortale” inferto all’economia russa, Vladimir Putin e il suo entourage hanno sempre affermato che la Russia è ormai impermeabile e immune alle sanzioni e, a ragion veduta, il processo di de-dolarizzazione in atto ancora prima della guerra e le transazioni rublo-yuan nel cosiddetto Sud Globale hanno sinora disatteso le aspettative occidentali. In questo caso, il Cremlino è consapevole che le perdite saranno «inevitabili», ma è, altresì, vero che c’è ancora un mese di tempo per tentare di limitarne l’impatto, come è sempre stato fatto in precedenza con interventi della Banca centrale russa e dei preziosi alleati. Non è detto, quindi, che queste sanzioni otterranno un effetto immediato. Anzi, potrebbero accelerare le azioni russe per occupare quel che rimane del Donetsk e proseguire nella guerra di logoramento dell’Ucraina e dei suoi alleati. Tutto dipende dalla prospettiva dalla quale si leggono gli eventi. Ad Ovest, Putin non ha vie d’uscita, non è più brillante, è in difficoltà. Ad Est, vale la citazione attribuita a Lev Tolstoj: «I più forti tra tutti i guerrieri sono il tempo e la pazienza». Dopo Gaza, l’Ucraina: Trump cerca un altro trionfo