Strana epoca, questa: ci sono notizie vere che sembrano false, altre false che paiono vere perché confermano i nostri pregiudizi. Volodomyr Zelensky non va a Sanremo, e allora ci va Sergio Mattarella, per festeggiare un anniversario della Costituzione come quelli che ogni cinque anni si sovrappongono al festival, senza però che nessun capo di Stato abbia mai sentito la necessità di andarci.

Visto che non bastano poi i femminicidi commessi da ex fidanzati delusi e armati o le stragi alle assemblee di condominio, il sottosegretario all’Attuazione del programma Giovanbattista Fazzolari propone di insegnare agli studenti a sparare a scuola. Così almeno, da grandi, prenderanno bene la mira, casomai dovessero sparare a qualcuno, senza colpire passanti incolpevoli.

Cosa è vero e cosa è falso? Qui non è colpa di ChatGpt e dei programmi di intelligenza artificiale che generano contenuti verosimili, facciamo tutto, umanamente, da soli. Mattarella va veramente a Sanremo a prendere gli applausi del pubblico generalista che alla Scala di Milano, nei suoi ultimi due passaggi trionfali, non può permettersi di entrare.

O forse va a proteggere le canzoni zeppe di banalità fluide su diritti e solidarietà dalle banalità reazionarie che arrivano dai banchi parlamentari di maggioranza, chissà.

Ma Fazzolari vuole veramente insegnare ai ragazzi a sparare? Lo scrive la Stampa, lui smentisce, dice che con il consigliere militare della premier Giorgia Meloni parlava di favorire l’ingresso nelle forze armate «per gli atleti di discipline sportive reputate attinenti, anche se non olimpiche, quali paracadutismo, alpinismo e discipline di tiro». Poi, per non farsi mancare niente, querela la Stampa, perché questo governo non perde occasione per intimorire i giornalisti.

Fazzolari l’ha detto? Non l’ha detto? Boh, di sicuro non c’è alcuna proposta di legge, documento programmatico o altro.

Ma la tentazione per la polemica di giornata è irresistibile, da “libro e moschetto” (segue: fascista perfetto) a “nostalgia canaglia” a “evitiamo di sparare sciocchezze”, e così via in un dibattito politico più superficiale di un trend su TikTok.

La polemica su Fazzolari, fondata su un colpo sparato a salve (per stare nella metafora), ci dice però una cosa: che nelle reazioni al governo Meloni l’indignazione è direttamente proporzionale a quanto di quello che avviene conferma l’opinione già consolidata che abbiamo di questa compagine sgangherata.

E così facciamo polemica con la Meloni che è in noi, per citare Giorgio Gaber, invece che con quella reale.

E’ lo stesso errore del Pd che ha impostato mezza campagna elettorale contro Fratelli d’Italia come partito di destra estrema, mentre Meloni lo posizionava nello spazio un tempo berlusconiano della destra anarchica e predatoria che si regge sull’usuale mix di evasione fiscale e sussidi.

Il governo Meloni è stato contestato perché appiattito sugli imperativi degli Stati Uniti, mentre continua a rimandare da mesi il decreto per le forniture di armi in Ucraina; è considerato sulla scia della destra sociale e statalista, ma continua a mandare avanti il progetto dell’autonomia differenziata che mette in discussione la stessa forma repubblicana dello Stato; si è fatto la fama di affidabile in Europa sui conti, ma alla prima prova (l’aumento delle accise) ha perso il controllo; viene contestato perché troppo legalitario, ma da mesi continua ad aumentare la tensione e a mettere l’ordine pubblico a rischio per campagne ideologiche.

Fazzolari forse non vuole far sparare i ragazzi a scuola, ma questo governo non aumenta le tutele per chi è vittima delle armi, è disposto ad affidare l’istruzione alle regioni in una frammentazione distruttiva, sposta risorse da giovani e poveri verso pensionati ed evasori.

Se bisogna attaccare Fazzolari e per suo tramite Meloni e la destra è il caso – vien da dire – di prendere bene la mira.

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