Le manifestazioni delle persone civili al tempo del contagio sembrano più installazioni che momenti di protesta, più arte visiva che dimostrazioni del feroce disagio sociale di cui invece sono espressione. Così è stato anche giovedì nel tardo pomeriggio a piazza San Silvestro a Roma. Quattrocento persone sono rimaste quasi due ore ad ascoltare e ascoltarsi, ciascuna sulla propria casella segnata per terra, in obbedienza alle norme di distanziamento fisico.

Il tema era la capitale in picchiata nella crisi sociale legata alla seconda ondata di quella sanitaria. La rete Liberare Roma ha chiamato sul palco una trentina di persone a dare testimonianza di quello che sta succedendo in molti dei settori «ristorati» poco e niente dall’ultimo decreto del governo. C’era il ristoratore dell’associazione Slow Food impacciato perché non abituato a parlare a un microfono, il gestore di una palestra sociale del quartiere Quadraro, l’insegnante che raccontava di genitori delle periferie («ma non esistono periferie a Roma, esistono quartieri con servizi e quartieri senza servizi») costretti a comprare iPad per consentire ai propri figli di seguire la didattica a distanza; e di genitori che invece non ce la fanno e studenti che si perdono. Si è parlato del disperante lavoro del terzo settore e delle comunità di accoglienza. Di emergenza alloggi: a Roma è stato erogato solo il 10 per cento dei bonus casa, 6mila su 49mila, oltre 40mila famiglie si stanno arrangiando. Si è parlato anche dell’incuria della città, di immondizia e scarsa illuminazione di intere strade, tutte strade che portano al Campidoglio e alla sindaca Virginia Raggi, una vicenda che non ha nulla a che vedere con l’emergenza sanitaria ma che certo l’emergenza sanitaria non cancella. Roma da anni sta vivendo i suoi giorni dell’abbandono.

I quattrocento avevano tutti e tutte la mascherina, e meticolosamente calzata al posto giusto. Non ci sono stati infiltrati – anche grazie alla vigilanza degli organizzatori –, non ci sono stati quattro dementi in cerca di un giorno di celebrità e non ci sono stati scontri con la polizia. Palazzo Chigi – visibile dalla piazza che dista meno di un centinaio di metri – non ha tremato e non si è dovuto blindare. Forse anche per questo credeva di non doverne avere paura. Qualche parlamentare ed europarlamentare c’era, ma è rimasto sotto il palco, non per furia antipolitica e anticasta ma perché era venuto a fare una parte del suo lavoro, cioè ascoltare. Ed è per questo che alla fine i media, giornali, siti e tv, hanno raccolto poco o per niente la voce di questi cittadini, lavoratori ed esercenti. Né poi, e tantomeno, si sono impegnati nella messa in pagina di pensose riflessioni sulla protesta che ha qualche ragione nonostante la pulsione allo sfascio di una città.

Il kit per la visibilità

La manifestazione di giovedì a Roma è, come sappiamo in queste settimane durissime, solo una, solo un esempio delle mille che ogni giorno si convocano nelle città delle zone delle fasce di tutte le sfumature del pericolo-contagio del nostro paese.

Ma c’è qualcosa che non funziona se oggi come prima, ma persino un po’ di più, la spranga e il negazionismo diventano il kit per essere visti, magari persino ascoltati. La regola mediatica è nota e antica, un caveat dell’informazione, è la stampa bellezza. Ma in questi tempi di disperazione sanitaria e dolore sociale, questa regola diventa pericolosa.

Sbagliata invece è da sempre perché chiude gli occhi davanti alla notizia di una cittadinanza attiva ma responsabile, per offrire quotidianamente invece la cassa di risonanza solo a quella che gonfia le vele dei nazionalismi e dei populismi, dei quali i cittadini arrabbiati ma civili sono una smentita e una contronarrazione. In altri tempi, per fare un altro esempio, il gesto dei poliziotti genovesi che, dinanzi agli operai di ArcelorMittal che lottavano per il reintegro dei loro compagni licenziati, si sono tolti il casco in segno di rispetto e di comunanza, avrebbe fatto il giro delle prime pagine dei giornali, per la forza simbolica che conservano i lavoratori che si riconoscono anziché dividersi. E invece è rimasto confinato sui siti, fino a che non sono diminuiti i click. E nelle pagine interne, a distanza di sicurezza. Come per evitare il contagio.

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