Personalmente mi ostino a provarci. A usare argomenti di pura logica nel tentativo di comprendere quale sia la natura dell’opposizione a vaccini e green pass. L’ho fatto ancora in questi giorni, dopo l’ennesimo sabato segnato da piazze indignate, a Milano, Trieste, altrove. Mi sono rivisto le immagini, quei cortei vissuti in una disperata e colpevole rimozione dei rischi. I pochi con le mascherine d’ordinanza, lì in veste di osservatori o giornalisti. Questi ultimi oggetto di aggressioni, insulti, minacce in una escalation rabbiosa verso chi nulla c’entra con le scelte che la piazza contesta.

Ho pensato per mesi che utilizzare i dati, il numero dei morti o dei ricoverati potesse bastare a rimuovere pregiudizi scolpiti. Venerdì scorso in Romania i decessi sono stati 483, di questi 440 non erano vaccinati. A Vienna quasi nove letti su dieci nelle terapie intensive sono occupati da No-vax.

A Trieste i casi settimanali sono saliti a 336 ogni centomila abitanti contro una media nazionale di 53. La Bulgaria è il paese europeo col più alto numero di vittime e la percentuale più bassa di popolazione vaccinata mentre al Portogallo spetta il primato opposto. Sino alle cifre offerte dal direttore dell’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco: il vaccino previene l’ospedalizzazione (92 per cento), il ricovero in terapia intensiva (95 per cento) e il decesso (91 per cento).

Tradotto: abbiamo meno contagi per l’efficacia del piano vaccinale e la tenuta delle misure di protezione (distanziamento, mascherine, igiene delle mani). Bene, e allora perché dinanzi a una fotografia del genere persiste un’area di persone che si ostina a rimuovere dalla propria esistenza un principio di realtà?

Il 17 porta bene

Mi impunto a cercare una risposta e lo faccio riportando sui social i numeri e le cifre appena richiamate. Leggo le repliche, le depuro da giudizi e termini offensivi. Mi preme il merito. Così finisco col distinguere tra un gruppo, non folto ma grintoso, che non si cura di spiegare un bel nulla, semplicemente si identifica in una battaglia di libertà (sic) contro un «potere tiranno» che vorrebbe conculcare persino il diritto a lavorare. L’impressione è che per una parte di questi, virus, vaccini, carta verde, siano pretesti per un ribellismo covato in altri tempi e pronto a deflagrare alla prima occasione.

Ma c’è un secondo piccolo mondo versato a polemiche più affinate. Per lo più sono cultori della rete, snocciolano nomi, volti, titoli accademici di guru, o sedicenti tali, che decrittano il «complotto» ai danni di un popolo scrutato, plagiato, convinto suo malgrado di essere esposto a chissà quale incubo sanitario quando il pericolo vero è finire ostaggi di un asservimento delle coscienze, per altro con l’incognita, tra un pugno d’anni, di pagare la loro ingenuità con patologie potenzialmente letali.

Ecco, dinanzi a questo pezzo di società anche il più fidelizzato degli illuministi alza le braccia. Nel senso che puoi armarti di pazienza, predisporre il terreno di un reciproco ascolto, ma la sola reazione è una minima concessione all’ingenuità che spinge a fidarsi della «cosiddetta» scienza ignorando quanto sia al servizio di una potenza superiore.

E allora? C’è una mossa non tentata e tale da rendere l’insieme più gestibile? Francamente, non la vedo. Penso che il governo faccia bene a percorrere più in fretta che può la strada scelta, compresa la terza dose e il traguardo del novanta per cento di italiani vaccinati.

Non so quanto un eventuale transito all’obbligo vaccinale avrebbe modo di correggere il quadro di ora, ma una cosa dovrebbe risultare evidente: quando tutto questo ce lo saremo lasciati alle spalle, una riflessione sulla natura, limiti e potenzialità, del nostro sistema educativo, quella andrà fatta.

Quanto ai sabati a venire e alle piazze che alcuni vorrebbero rinnovare nei propositi e nel metodo, sia salvaguardata la libertà di manifestare, non ci piove, ma la Costituzione non l’ha vergata la Spectre e (all’articolo 17) un concetto chiaro lo esprime: «I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi. Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica». Sta a vedere che per una volta il 17 porta bene!   


 

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