Che Leone XIV appaia all’opinione pubblica una figura contraria a Donald Trump è inevitabile. Ci sono diversi motivi per quest’affermazione, innanzi tutto la coincidenza temporale che li porta a essere i due statunitensi più potenti del mondo, il capo della Casa Bianca e il papa della chiesa cattolica.

I due leader, uno politico e l’altro religioso, sono fisicamente e psicologicamente diversissimi, anzi uno è il contrario dell’altro come biografia, carattere, stile. Le loro leadership hanno platee sterminate e le loro decisioni influiscono sulle sorti del mondo.

Papa Leone ha ricevuto il vicepresidente degli Stati Uniti, JD Vance, e il comunicato vaticano sottolinea la collaborazione tra chiesa e stato, rilevante per la vita della chiesa e la libertà religiosa. Con un triplice auspicio i conflitti: rispetto del diritto umanitario, rispetto del diritto internazionale, soluzioni negoziali tra le parti coinvolte.

Su numerose sfide Trump e Leone XIV sono su posizioni dissimili, a volte opposte. Anche i metodi sono distanti. Un conto è l’efficacia della politica e un altro è la conversione e la testimonianza del discepolo. «Fede e politica incentrate sull’uomo ma autonome e diverse», ha più volte ribadito Prevost nelle tante crisi politiche in Perú quando era vescovo di Chiclayo.

Nulla però giustifica la ricorrente affermazione di questi giorni secondo la quale papa Leone racconterà l’altra America, quella agli antipodi di Trump. Non è così, e quest’ottica inquina qualsiasi analisi odierna. Il pontefice racconterà – è la sua missione – il Vangelo e la chiesa, con lo sguardo sull’uomo, in particolare sui più deboli ridotti a pezzi di ricambio di una catena che produce ricchezza e benessere per alcuni e povertà e miseria per altri. Come missionario il papa conosce bene questa realtà.

Con ogni probabilità, e si è già visto su questioni di fondo come la pace e le guerre, tra il magistero di papa Leone e le piattaforme politiche di Trump ci sono e ci saranno disaccordi e controversie. Il vescovo di Roma parlerà come guida universale della chiesa, non come un americano anti-Trump. Assegnare al papa il ruolo mediatico dell’anti-Trump è fuorviante e non fa onore a un’informazione corretta.

In passato ci sono stati disaccordi tra il Vaticano e gli Stati Uniti. È già accaduto tra Francesco e Trump. Disaccordi ci sono stati anche con presidenti cattolici. Nel caso di altre guerre ma anche di fronte a temi morali sensibili sui quali già oggi il papa è all’opposizione delle opinioni che sembrano maggioritarie nel paese. Per Leone XIV le difficoltà potrebbero venire dalle spaccature nella conferenza episcopale statunitense, facili da strumentalizzare politicamente. In casi simili i governi provano a trattare direttamente con Roma nel tentativo di scavalcare gli episcopati affermando di essere d’accordo con il papa mentre i vescovi boicottano e ostacolano.

Con Leone questa via è preclusa. La conosce e sa dove porta. La politica vaticana fallimentare nel caso del Nicaragua e del Venezuela avrà insegnato molto a Prevost, ottimo conoscitore dell’America latina. Secondo indiscrezioni il papa ha riaperto dossier congelati, in particolare dove la questione degli attacchi alla libertà di fede e di culto non può essere sottovalutata. Questo nodo lo preoccupa in sé e quando, da più parti, lo si usa strumentalmente a beneficio delle piattaforme sovraniste. Si può prevedere che papa Leone cambi la politica internazionale della Santa Sede, che ha perso credibilità e autorevolezza. Durante la sede vacante se ne è parlato molto. Era una questione decisiva per scegliere il nuovo vescovo di Roma, perché uno dei punti più deboli del pontificato di Francesco è stata proprio la sua politica internazionale, considerata poco incisiva e poco efficace poiché troppo cedevole.

Con gli Stati Uniti il papa seguirà un tracciato ben studiato, ma non farà nulla per entrare in conflitto con Trump. È molto probabile il contrario: che sarà Trump a schierarsi contro Leone XIV.

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