Dicono molti sostenitori del Sì: almeno questa volta la domanda è chiara, si vota su un cambiamento chirurgico della Costituzione, non su una riforma complessa e imprevedibile nelle sue conseguenze come quella voluta dal governo Renzi nel 2016. Vero. Ma proprio per questo va inserita nel contesto. Se chiedete a una persona normale “vuoi più parlamentari o meno?”, di solito risponderà “dipende” da quello che fanno e da come li scegliamo. Ci sarà anche chi risponderà sempre “meno”, per astio ideologico verso il parlamento. Pochi risponderanno di voler più parlamentari in qualunque caso, forse perché sperano di diventarlo. Per votare in modo razionale, bisogna dunque chiedersi a quale progetto è funzionale la riduzione del numero dei parlamentari.

I Cinque Stelle hanno imparato dagli errori di Matteo Renzi, che ha chiesto un voto unico su misure popolari (abolire il Cnel, ridurre l’autonomia delle Regioni) e altre più confuse (un Senato di non eletti dai compiti incerti). Questa volta si vota soltanto sul taglio da 945 a 600 parlamentari. Ma è una scelta soltanto tattica, non di sostanza: i Cinque Stelle perseguono un disegno complessivo non meno ampio di quello renziano. Hanno già fatto approvare in prima lettura un’altra riforma costituzionale che permette a una minoranza organizzata di costringere il parlamento ad approvare una legge di iniziativa popolare, altrimenti si va al referendum. Hanno abolito i vitalizi e propugnano un taglio degli stipendi dei parlamentari. Nella scorsa legislatura hanno cercato di introdurre il vincolo di mandato, cioè la decadenza per chi lascia il gruppo parlamentare in cui è stato eletto. Per tutta la loro storia, inoltre, i Cinque Stelle hanno scelto i loro parlamentari come se chiunque potesse svolgere il compito, a prescindere da competenze, radicamento territoriale, rappresentanza di pezzi di società: un video inviato alla piattaforma Rousseau e il seggio era poi garantito dal sistema proporzionale con liste bloccate.

Nella quotidiana attività di governo, infine, la coalizione Pd-Cinque stelle ha spinto all’estremo tendenze in corso da anni: i parlamentari non hanno potuto neppure conoscere i contenuti della legge di Bilancio prima di votarla, sono stati scavalcati nella gestione dell’emergenza a colpi di decreti della presidenza del Consiglio (che non passano dalle Camere) e ora sono esclusi dalle decisioni su come usare i fondi in arrivo dall’Unione europea, riservata a riunioni tra ministri.

Si vota soltanto sul taglio dei parlamentari, è vero. Ma è anche l’unica occasione che i cittadini hanno per dare un segnale su un progetto politico esplicito: spostare la democrazia fuori dal parlamento per lasciarla in mano a minoranze attive che, nell’indifferenza dei più, impongono le proprie esigenze. E’ quindi più che legittimo votare No: con la scusa di colpire la “casta”, si smonta la democrazia parlamentare.

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