La pandemia di Covid-19 è tutt’altro che risolta, mentre la prossima crisi sanitaria globale è già una realtà. A differenza del Covid-19, la causa non è un agente patogeno mortale ma l’impatto dei conflitti e del cambiamento climatico sulle risorse alimentari ed energetiche. E, analogamente al Covid-19, questa nuova crisi avrà dei costi in termini di vite umane e mezzi di sussistenza in tutto il mondo.

La guerra in Ucraina sta causando carenze alimentari ed energetiche, mentre l’impennata dei prezzi a livello internazionale sta esasperando le comunità più povere e vulnerabili.

È già accaduto che i conflitti presenti in altre aree del pianeta come l’Afghanistan e il Tigrè, in Etiopia, abbiano esposto milioni di persone a fame e malattie. Il cambiamento climatico è alla base dei mancati raccolti in tutto il Corno d’Africa. Milioni di persone sono state lasciate in balia dell’insicurezza alimentare.

I nuovi rischi

Con il fondersi delle crisi legate ai conflitti e al cambiamento climatico, i successi faticosamente ottenuti nella lotta a povertà, disuguaglianze e malattie rischiano di vanificarsi. Decine di milioni di persone rischiano di morire di fame. C

entinaia di milioni di persone rischiano di essere più vulnerabili a malattie infettive come l’Hiv, la tubercolosi (Tbc) e la malaria.

Le persone malnutrite sono infatti carenti in termini di difese immunitarie. Già circa il 20 per cento dei casi di Tbc è provocato da malnutrizione, condizione fisica che attiva l’infezione tubercolare latente.

La malnutrizione incide anche sul numero di bambini che muoiono a causa della malaria. Quando le persone non hanno accesso a cibo e riscaldamento, i tassi di successo nei trattamenti precipitano. Il loro corpo si indebolisce. Rimanendo a stomaco vuoto, molte di loro potrebbero non tollerare o rispondere alle cure.

Il Covid-19 ci ha fatto regredire nella lotta ad Hiv, Tbc e malaria. E la nuova crisi potrebbe peggiorare la situazione. Mai come oggi è importante collaborare a livello internazionale a sostegno delle comunità più povere e vulnerabili.

Dopo aver lottato così duramente per ridurre le vittime di queste terribili malattie, sarebbe drammatico constatare un’ulteriore inversione di tendenza.

Accade troppo spesso di circoscrivere una crisi - sia essa un conflitto, una pandemia o una carenza di cibo -, cercando di affrontarla come una minaccia a sé.

Nel mondo reale, tuttavia, le crisi si scontrano e incontrano, alimentandosi a vicenda. Le persone maggiormente colpite si sentono assediate da più parti, intrappolate in una lotta alla sopravvivenza.

Oltre l’emergenza

Nella maggior parte dei conflitti sono le malattie infettive a provocare più vittime delle stesse bombe e munizioni. Analogamente, il costo umano del cambiamento climatico sarà dovuto prevalentemente alle malattie infettive.

Parte della risposta a tali sfide risiede negli interventi coordinati in caso di emergenza e, ancor di più, nell’azione rapida per rafforzare i sistemi e le capacità soggiacenti, in modo tale che ad adattarsi e a rispondere siano le stesse comunità.

Una lezione della pandemia di Covid-19 è che fare troppo affidamento sulla risposta alle emergenze costa vite e denaro.

Al contrario, dobbiamo consentire ai paesi e alle comunità di realizzare sistemi sanitari più resilienti e inclusivi in grado di prevenire, rilevare e rispondere a nuove minacce e sostenere i servizi essenziali anche in condizioni di forte stress.

Durante la crisi del Covid-19 abbiamo constatato che gli investimenti nei sistemi sanitari e comunitari fatti per combattere l’Hiv, la Tbc e la malaria sono diventati la base di risposta al nuovo virus.

Le componenti fondamentali dei sistemi sanitari, come laboratori, catene di approvvigionamento, strutture sanitarie primarie, sistemi di dati e reti comunitarie, in cui il Global Fund e i partner come l’Italia hanno investito negli ultimi due decenni, sono state preziose per aiutare le comunità a cambiare il corso della pandemia.

Continuare a investire nella realizzazione e nella resilienza di tali sistemi sanitari e comunitari sarà fondamentale per riuscire a salvare vite umane nelle aree colpite dalla prossima crisi sanitaria.

A cosa serve il Global Fund

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Potremmo non essere in grado di prevenire l’insorgere di nuovi agenti patogeni, il verificarsi di eventi meteorologici estremi o lo scoppio di ulteriori conflitti, ma possiamo ridurre drasticamente la perdita di vite umane e mezzi di sussistenza.

Il Global Fund è un meccanismo collaudato che raggruppa diversi partner – governi donatori e attuatori, settore privato, società civile e altre agenzie tecniche e di sviluppo – allo scopo di affrontare sfide globali acute. Il Global Fund è il maggior erogatore multilaterale di sovvenzioni per sistemi sanitari e comunitari. Sappiamo anche che per sconfiggere le più temibili malattie infettive non sono sufficienti gli interventi medici.

Questa partnership si impegna pertanto ad affrontare i diritti umani alla base, le barriere di genere e le disuguaglianze in senso più ampio – ivi incluso l’accesso alle risorse alimentari – che rendono le persone più povere ed emarginate ancor più vulnerabili alle malattie.

Il Global Fund è anche rapido e flessibile nella sua risposta alle crisi. All’inizio del 2020, il Global Fund è stato il primo a mettere a disposizione le risorse necessarie per combattere il Covid-19 a numerosi Paesi a basso reddito.

Da allora, siamo stati il maggiore fornitore di assistenza a tali Paesi nella risposta alla pandemia per quanto concerne test diagnostici, trattamenti, ossigeno, Dpi – praticamente qualsiasi cosa all’infuori dei vaccini.

In Afghanistan, abbiamo svolto un ruolo cruciale nella prevenzione del collasso del sistema sanitario. In Ucraina, stiamo collaborando con i partner locali a sostegno dei servizi relativi all’Hiv e ai trattamenti, nonostante la guerra.

Il mondo sta affrontando una serie di sfide scoraggianti, ma non possiamo arrenderci. Né possiamo preoccuparci solo degli eventi raccontati dai media o a noi più prossimi.

Chi di noi ha la fortuna di vivere in paesi più ricchi e stabili come l’Italia, deve riconoscere che in un mondo sempre più interdipendente, lasciare che altrove accadano disastri non solo è moralmente sbagliato, bensì pericoloso.

In territori come il Sahel, la fame e le malattie potrebbero innescare un collasso sociale e ulteriori conflitti. Gli effetti a catena ci coinvolgerebbero tutti.

Quanto costano 20 milioni di vite

Vent’anni fa, in un periodo di straordinaria leadership in risposta all’Hiv/Aids, l’ultima grande pandemia ad aver colpito l’umanità, il mondo si è unito per creare il Global Fund. Da allora abbiamo dimostrato che insieme possiamo scongiurare anche la più mortale delle malattie infettive.

Nel corso di quest’anno, il presidente americano Biden ospiterà la conferenza per il Settimo Rifinanziamento del Global Fund con l’obiettivo di raccogliere almeno 18 miliardi di dollari per finanziare il prossimo ciclo triennale di iniziative della partnership del Global Fund. Il vantaggio è enorme.

Con 18 miliardi di dollari potremmo salvare almeno 20 milioni di vite in soli tre anni, riducendo di quasi due terzi il bilancio annuale delle vittime delle tre malattie. Potremmo anche contribuire a un mondo più sicuro dalle future minacce di malattie infettive, con sistemi sanitari e comunitari più solidi grazie a una maggiore inclusività e resilienza.

Chiediamo all’Italia di unirsi agli Stati Uniti e ad altri donatori per intensificare gli investimenti nel Global Fund. Con la generosità del popolo italiano possiamo salvare milioni di vite, liberare le comunità più povere del mondo dal peso di queste malattie mortali e rispondere a nuove crisi. Insieme, possiamo affrontare la lotta per ciò che conta veramente, gettando le basi di un mondo più equo e giusto, dove nessuno sia lasciato indietro e dove tutti siano al sicuro.

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