La pandemia ha messo sotto i riflettori gli scienziati e l’attività di ricerca, ha aperto dibattiti sulla validità delle conclusioni a cui possono pervenire. Allo stesso tempo, la dimensione imponente di una crisi sanitaria per molti imprevista, ha sollecitato la diffusione di una nuova serie di teorie del complotto, teorie cioè che in netto contrasto con le evidenze disponibili attribuiscono la genesi della pandemia o addirittura la sua rappresentazione artefatta alle manovre di attori malevoli e potentissimi che agiscono a danno dell’umanità. La diffidenza verso le comunità epistemiche e l’adesione a teorie della cospirazione possono essere innocue o, come dimostra l’attacco al Campidoglio americano, alimentare follie collettive. Nel corso di una pandemia rischiano di entrare in contrasto con gli sforzi per limitare la diffusione del virus e per arrivare all’immunità di gregge attraverso le vaccinazioni.

In apertura di un lungo editoriale del Corriere della Sera sull’argomento, Angelo Panebianco ha detto che «bisognerebbe scavare un po’ a fondo, disporre di informazioni che non abbiamo. Per esempio, bisognerebbe stabilire se ci sia o no una correlazione fra il rifiuto del vaccino anti-Covid e il rifiuto, in epoca precedente allo scoppio della pandemia, di ogni altro tipo di vaccino. Inoltre, sarebbe interessante stabilire quanti degli attuali no vax credano all’una o all’altra variante, fra quelle circolanti, delle teorie del complotto (secondo le quali la pandemia non esiste oppure è stata scatenata e drammatizzata ad arte dagli “oscuri poteri” che decidono le sorti del mondo)».

Per la verità le ricerche esistono, i dati ci sono. Una è stata promossa dalla Foundation for European Progressive Studies insieme alla Fondazione Ebert tedesca. La stiamo svolgendo all’Istituto Cattaneo, con Moreno Mancosu e Federico Vegetti. Riguarda sei paesi europei (Francia, Germania, Italia, Polonia, Spagna, Svezia) e studia vari atteggiamenti dell’opinione pubblica sulla pandemia. I dati di una prima rilevazione, conclusa a gennaio, sono stati resi pubblici un paio di settimane fa. La prossima la effettueremo a settembre.

La connotazione politica

Abbiamo anche rilevato il grado di adesione verso quattro teorie del complotto in circolazione: il virus è un’arma biologica diffusa intenzionalmente dalla Cina; la tecnologia 5G sta facendo sì che il coronavirus si diffonda più velocemente; il virus è stato diffuso dalle multinazionali farmaceutiche ora pronte a realizzare enormi profitti vendendo il vaccino; il coronavirus è una bufala. Abbiamo inoltre misurato il grado di fiducia verso la comunità scientifica rilevando l’accordo degli intervistati su altre due affermazioni: la gente non si rende conto di quanto in realtà molte ricerche scientifiche siano sbagliate; sono preoccupato per la quantità di potere che gli scienziati esercitano nella società.

Abbiamo scoperto che sia la tendenza ad aderire a teorie cospirative o a diffidare della comunità scientifica, sia la perplessità sulle vaccinazioni sono in genere più diffuse tra le donne (non in Italia), tra i più giovani (non in Italia), tra i meno istruiti, tra i più religiosi (non in Italia), tra chi si trova in difficoltà economiche. Ma abbiamo anche visto che l’elemento più ricorrente ha una connotazione politica.

Tra le persone che si collocano a destra teorie del complotto e sfiducia nella scienza sono nettamente più frequenti che tra le persone che si collocano a sinistra. Questo si verifica in tutti e sei i paesi esaminati. Ma l’Italia è il paese nel quale la diversità di atteggiamento tra l’elettorato di sinistra e di destra riguardo a scienza e verità alternative risulta più accentuato.

Il nodo vaccini

I dati della nostra ricerca mostrano anche che la credenza nelle teorie del complotto e la mancanza di fiducia nella scienza sono atteggiamenti fortemente correlati con la indisponibilità a vaccinarsi.

Una prima buona notizia è che l’Italia si colloca tra i paesi in cui la diffidenza verso i vaccini è un fenomeno più contenuto, in particolare rispetto alla Francia, dove la diffidenza è massima. A gennaio un terzo degli intervistati francesi considerava «molto improbabile» l’eventualità di sottoporsi alla vaccinazione, mentre in Italia lo pensava il 19 per cento. La seconda buona notizia e che, a giudicare dai primi dati sulla percentuale di italiani che poi effettivamente si sono rifiutati di farsi vaccinare, al momento della verità, tra un circa un terzo di quella quota di diffidenti ha prevalso la voglia di tornare a condurre una vita normale.

 

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