Negli Stati Uniti e in Europa stanno prendendo piede nuove forme di disinformazione sulla storia del fascismo, e non provengono soltanto dalla Russia. Chiariamo: le distorsioni del fascismo più inquietanti hanno raggiunto l’apice in concomitanza con l’invasione russa dell’Ucraina e venivano, in effetti, dalla Russia.

L’ipotesi “nazista” usata da Vladimir Putin per giustificare la sua ingiustificabile guerra con argomenti antifascisti non poteva essere più lontana dalla verità riguardo al passato e al suo rapporto con il presente.

Non c’è nulla di nazista o di genocida nell’attuale governo dell’Ucraina, guidato da un presidente di origini ebraiche. E non c’è niente di antinazista nel governo di Putin. Putin è un dittatore, e ogni discussione storica dovrebbe iniziare dal tipo di dittatura che ha imposto sulla Russia e vuole imporre sull’Ucraina. Ma se il nazismo in senso storico è inadeguato per descrivere l’attuale Ucraina, Putin può invece essere accusato di essere un nazista?

Peggio di Hitler

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Una schiera di opinionisti parla di Putin come del nuovo Adolf Hitler. Indicano il suo regime come un nuovo totalitarismo, e descrivono la sua terribile invasione dell’Ucraina come una continuazione dell’Olocausto.

Ci sono molti casi emblematici, ma vale la pena citare l’esempio più recente e paradigmatico di Michael McFaul. L’ex ambasciatore degli Stati Uniti a Mosca e ora professore a Stanford è uno degli opinion-maker più influenti negli Stati Uniti sulla Russia, e in una recente intervista ha detto che «una differenza fra Putin e Hitler è che Hitler non ha ucciso persone di etnia tedesca o che parlavano tedesco».

Questo tipo di commento sconsiderato in cui l’ex diplomatico accetta, in modo problematico, la distinzione fra ariani e non ariani, ignora il fatto che gli ebrei tedeschi che parlavano tedesco erano a tutti gli effetti tedeschi. Nella sua foga di criticare Putin, McFaul sostiene che nella categoria del genocidio Putin è peggio di Hitler.

Com’era prevedibile, McFaul è stato ampiamente criticato e alla fine si è scusato, assicurando che «non farò mai più paragoni con Hitler». Ha detto agli spettatori che «le mie analisi e commenti rimarranno sul male presente, Putin, senza analogie storiche».

Tutto o niente

Questa posizione “tutto o niente” dimentica la storia. Pare che se uno non può presentare Hitler come un sinonimo di Putin, allora si debbano dimenticare le modalità più complesse con cui il passato può aiutarci a pensare al presente. Questo è un esempio chiaro – e ci sono molte altre posizioni simili fra gli opinionisti – del fatto che la disinformazione sulla storia non ci porta da nessuna parte.
Questo succede in ogni parte del mondo. In America Latina, e anche in Europa, la storia anti colonialista o anti imperialista è spesso confusa con la campagna d’aggressione nazionalista della Russia.

Nel caso di Nicaragua, Cuba o Venezuela, si tratta di dittature che hanno un’affinità ideologica con l’autocrazia di Putin, e in questi casi la storia reale è totalmente rimossa da un volontarismo ideologico che semplifica la realtà secondo i desideri dei suoi leader.

Lo stesso vale per le idee populiste di Cristina Kirchner in Argentina e Evo Morales in Bolivia. L’esito di queste posizioni è anche la disinformazione sul passato, anche se nessuno sembra prenderla sul serio al di là dei loro seguaci.

Anche nazional-populisti di destra come il presidente brasiliano Jair Bolsonaro accolgono la propaganda di Putin, collegandola alle proprie fantasie autoritarie sul futuro del mondo. Come nel caso di Donald Trump, la ragion d’essere di queste mitologie storiche è servire la propria causa, dunque la sua mancanza di interesse nel passato è assoluta. Anche quelli di Matteo Salvini in Italia e Marine Le Pen in Francia sono casi simili, anche se ora questi stanno cinicamente silenziando il loro putinismo.

Continuità e rotture

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A ogni modo, il fanatismo autocratico non è parte di questi dibattiti, specialmente nel nord del mondo, fra molti di quelli che ragionevolmente si oppongono alla guerra della Russia da una prospettiva liberal-democratica.

Eppure, senza alcuna ragione storica, molti di questi critici di Putin sostengono che l’Ucraina subisca una persecuzione simile a quella dei nazisti ai danni degli ebrei europei, riproponendo l’equazione fra Hitler e Putin.

Non parlano spesso del rapporto di Putin con il passato russo in generale e con Stalin in particolare. Naturalmente questi dibattiti per analogia non corrispondono necessariamente alle forme della propaganda putiniana, ma distorcono o fraintendono la storia, con il risultato di promuovere la disinformazione sul passato.

Le semplificazioni aumentano rapidamente. Uno dei nostri compiti di storici è spiegare che il passato presenta delle continuità, ma anche delle rotture, con il presente. La storia non può soddisfare l’attuale richiesta di risposte semplici, e quando non si piega alla semplificazione, e gli storici si rifiutano di accettare la sovrapposizione perfetta fra il passato e il presente, allora la storia viene qualificata come “troppo accademica”.

In questo contesto, le spiegazioni storiche sono sostituite da argomentazioni semplici e banali. La semplicità fornisce ciò che ci si aspetta da lei, spiegazioni effimere che nessuno prenderà sul serio in futuro. Gli storici non possono competere con la stupidità.

Parlare del presente

È possibile parlare del presente senza cadere in esagerazioni o semplificazioni storiche? Possiamo smettere di diminuire la gravità dell’Olocausto di fronte alla guerra di Putin contro l’Ucraina? L’Olocausto non è stata una guerra fra due paesi ma un attacco razzista da parte di uno stato fascista sui cittadini di un particolare gruppo etnico.

Nella storia dell’estrema destra e del neofascismo, l’Olocausto è stato talvolta d’ispirazione per gli assassini. Questo era vero, per esempio, nella dittatura argentina. Gli assassini del regime hanno promesso molte volte di continuare il massacro nazista.

Per gli storici l’Olocausto può essere analizzato paragonandolo ad altri massacri; il problema è quando chi non è uno storico confonde vicende diverse senza spiegare le continuità e le discontintuità storiche.

Quando succede, le analogie oscurano sia il passato sia il presente. Le analogie senza contesto finiscono per insultare la memoria delle vittime e fuorviare l’opinione pubblica. La Russia può permettersi di perdere la guerra; quello che non può perdere è Putin, il che presenta un conflitto fra gli interessi della Russia, che sono messi in pericolo da questa guerra, e gli interessi di Putin, espressi dalla sua propaganda fanatica e dal crescente terrore.

Se il dittatore russo è un tipico esempio dell’autocrate che pensa più a sé stesso che al suo paese, dato che le sue azioni chiaramente danneggiano il suo popolo, questo non implica che possa essere semplicemente considerato un nazista.

La guerra contro l’Ucraina è più convenzionale rispetto ad altri conflitti europei e globali, e come storico del fascismo nel passato non sono convinto che abbia raggiunto il punto di essere uno scontro genocida.

Penso anche che Putin non sia un fascista. Abbiamo bisogno di un dibattito più informato su questo tema. Questa discussione storica è necessaria, e le opinioni potrebbero anche cambiare, perché il contesto si modifica rapidamente.

Al momento, non vedo nel regime di Putin alcuni elementi caratterizzanti del fascismo, come la mobilitazione di masse organizzate in forze paramilitari, la glorificazione della violenza o le politiche razziste e xenofobe; ma allo stesso tempo ne vedo altri, come la militarizzazione della politica e della società, il colonialismo e il nazionalismo, la propaganda totalitaria e il crescente clima di terrore e autoritarismo.

Ma tutto questo non significa che la guerra di Putin non sia orribile e ingiustificata. Il problema non è che le analogie storiche vengano proposte: il problema è che queste analogie sono poco informate dal punto di vista storico.

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