Finalmente il Partito democratico è tornato a occuparsi della questione fondamentale: il lavoro. Enrico Letta sta seguendo con attenzione le idee del ministro del Lavoro Andrea Orlando, nel solco già tracciato da Cgil e Uil, ricevendo così l’applauso da parte di Maurizio Landini e Pierpaolo Bombardieri.

La proposta sul tavolo è semplice: salario minimo a 9 euro netti l’ora, per tutti quei lavoratori che non sono coperti da contratti nazionali più vantaggiosi. Per esempio, i fattorini possono contare su un contratto che gli garantisce 10 euro netti l’ora e quindi non ne hanno bisogno. Solo sei paesi in Europa non hanno un salario minimo e l’Italia è uno di questi. La Spagna ha da poco fornito un nuovo modello, nato grazie al governo di Pedro Sanchez e alla riforma promossa dalla ministra del Lavoro Yolanda Díaz. In un mese ha creato 700mila nuovi contratti stabili.

Colpevolizzare le vittime

Certo, per arrivare a una legge sul salario minimo bisognerà affrontare chi non la vuole, come Luigi Sbarra, segretario generale della Cisl. Ci si dovrà poi aspettare un vero corpo a corpo con gli altri grandi attori istituzionali. Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, colpevolizza direttamente le vittime, dando in sostanza dei fannulloni a chi per vivere ha bisogno del reddito di cittadinanza. Come a dire che chi vuole vivere bene è meglio che se ne vada all’estero, dove pagano di più.

Allucinante dichiarazione che fa il paio con quella di cinque anni fa dell’allora ministro del Lavoro Giuliano Poletti, del Pd, sulla fuga di cervelli. «Conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata, perché sicuramente questo paese non soffrirà a non averli più fra i piedi». Per fortuna Enrico Letta ha una visione opposta.

Il campo largo

Altra questione è il cosiddetto “campo largo”. Il segretario democratico sembra aver avuto un’intuizione: il “campo largo”, tanto sponsorizzato dal resto del centrosinistra, farebbe solo perdere tempo. Rischia di essere il solito miscuglio di partitoni e partitini, un labirinto di dissidi dai quali è impossibile uscire.

Al momento Verdi e Sinistra Italiana tentano un’alleanza per superare la soglia di sbarramento. Azione di Carlo Calenda e Radicali Italiani si sono già alleati, ma si parla sempre del “grande centro” con Italia viva (Matteo Renzi), Italia al Centro (Giovanni Toti), Coraggio Italia (Luigi Brugnaro). Poi ci sono i 5 stelle, in una perenne guerra interna che porta fin troppo lavoro allo psicologo di Giuseppe Conte, in attesa di capire cosa vuole davvero ottenere.

Il tema del lavoro

Questi sono politicismi da cui il Pd deve ben guardarsi, chiacchiericci di fondo che non portano mai a risultati concreti, e concentrarsi sulle cose serie. Per una volta sembra sulla retta via e, nonostante qualche differenza, sta trovando una buona alchimia con il mondo del lavoro.

Il tema del lavoro è il tema cruciale che farà vincere le elezioni del 2023. La politica estera l’ha fatta da padrona e sta cambiando gli equilibri soprattutto nel centrodestra, ma non sarà in base alle trattative europee e internazionali che gli italiani sceglieranno chi votare la primavera prossima. L’unica alleanza politica sensata sarebbe proprio quella con i sindacati, magari immaginando Maurizio Landini al governo, garante dei lavoratori e futuro ministro del Lavoro.

Anche in Europa questi sono gli argomenti che spiccano. Spesso si fa riferimento a operazioni mastodontiche. Non serve pensare a piani Marshall o New Deal, l’importante è che si faccia qualcosa. Subito.

© Riproduzione riservata