Sembra essere finito tutto a tarallucci e vino. Ma il grande sconfitto degli Stati Generali del Movimento 5 Stelle è Davide Casaleggio, presidente della fondazione Rousseau che gestisce la piattaforma decisionale della formazione fondata 11 anni fa da Beppe Grillo e da suo padre, Gianroberto Casaleggio.

Casaleggio junior aveva più volte attaccato l’idea di questo momento congressuale. Lo aveva presentato come un tradimento dei valori fondativi del movimento, in base ai quali il 5 stelle non sarebbe dovuto diventare un’organizzazione strutturata come i partiti tradizionali.

Casaleggio aveva annunciato di aver declinato l’invito a partecipare agli Stati Generali, sostenendo che l’evento era una farsa e aveva sollevato dubbi sulla legittimità del processo.

Le ragioni del nervosismo di Casaleggio sono chiare. Questo momento di trasformazione interna era stato convocato per mettere mano a alcuni problemi organizzativi interni, proprio a partire dall’opacità nella gestione della piattaforma decisionale del movimento da parte di Casaleggio.

In molti degli interventi dell’assemblea finale dello scorso 15 novembre 2020 si è sostenuta la necessità di superare la relazione problematica tra Movimento 5 Stelle e piattaforma Rousseau, con un movimento ostaggio dell’ente che ne fornisce i servizi.

Antonella Laricchia, Consigliera Regionale (Portavoce) del M5S Puglia ha sostenuto che “bisogna regolare il rapporto tra Rousseau e Movimento 5 stelle. Non può essere usato Rousseau per violare i principi del movimento 5 stelle”. Una critica al modo in cui in passato i quesiti sui referendum interni, come quello celebre sulla nave Diciotti al tempo del governo gialloverde, sono stati formulati in maniera da favorire un risultato gradito alla leadership.

Anche i diversi attacchi sentiti durante l’assemblea contro il narcisismo e i personalismi avevano tutto il sapore di frecciate dirette a Casaleggio e al suo alleato Alessandro Di Battista, accusato da molti di continuare a alimentare polemiche nocive per la reputazione del movimento.

Divieto di interferenza

Il risultato finale dei lavori degli Stati generali segna un primo chiarimento sul fatto che Casaleggio non può interferire nel processo decisionale del movimento. Nel documento di sintesi degli Stati Generali al capitolo su “strumenti per la democrazia diretta” si legge che “i rapporti con il gestore della piattaforma devono essere regolati da apposito contratto di servizio o accordo di partnership che definisca i servizi delegati, ruoli, doveri reciproci. Tutti i processi relativi a votazioni, bilanci, comunicazione, supporto ai territori devono essere improntati a massima trasparenza e imparzialità”.

Dietro il linguaggio tecnico c’è la fine della gestione aziendalistica dei processi decisionali del movimento 5 stelle. Casaleggio e la Fondazione Rousseau vengono relegati al ruolo tecnico, e non politico, di fornitori di servizi.

Questo esito spiega perché Casaleggio abbia abbandonato i toni guerreschi e sia approdato a più miti consigli. In un’intervista al Corriere della Sera ha affermato che “tra il Movimento e Rousseau può e deve essere definito un accordo che definisca al meglio quello che già avviene nella realtà, ossia che il Movimento ha la gestione politica mentre Rousseau si occupa di promuovere i metodi e gli strumenti di partecipazione a supporto di quell’indirizzo”. Ma rimane da chiarire a che tipo di accordo M5S e Rousseau potranno effettivamente arrivare e se davvero Casaleggio si rassegnerà a un ruolo puramente tecnico.

Quello che è che il Movimento Cinque stelle vuole superare i problemi più evidenti di organizzazione interna, ma senza abbandonare del tutto i suoi valori fondativi tra cui la democrazia digitale ha avuto un ruolo chiave.

Molte delle personalità di spicco che sono intervenute nel “non-congresso” dei 5 Stelle, hanno ripetuto che non si tratta di un superamento dei valori originale, come sostenuto da Casaleggio, ma un “un momento di evoluzione” come sostenuto dalla senatrice Paola Taverna. Altri, tra cui lo stesso capo politico reggente del partito Vito Crimi, lo hanno descritto come un passaggio dall’adolescenza alla maturità. In questa evoluzione uno dei capisaldi che verranno mantenuti è la democrazia diretta, che i partecipanti all’assemblea finale hanno descritto come elemento al cuore dell’identità del movimento e elemento di differenza rispetto agli altri partiti.

L’ex ministro dei Trasporti Danilo Toninelli ha chiarito che “Rousseau non va attaccato, Rousseau va migliorato”. Non si parla dunque di un abbandono delle pratiche di consultazione della base proprie di un partito digitale come il 5 Stelle, ma piuttosto del tentativo di conciliare i principi originali del movimento con le nuove necessità organizzative di una formazione che è alla guida del paese.

Tuttavia resta da vedere come l’eredità lasciata da Casaleggio padre potrà essere mantenuta senza che Casaleggio figlio continui a intromettersi. Se non si affronta di petto il conflitto di interessi tra gestione della piattaforma e il desiderio di Casaleggio di mantenere una influenza politica informale, le speranze di trasformazione e maturazione del movimento rischiano di essere presto vanificate.

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