Proprio ieri ho iniziato a guardare una notevole serie originale Amazon Prime Video, Veleno, che parte dalle inchieste di Pablo Trincia sui presunti pedofili attivi intorno a Modena negli anni Novanta. Davvero ben fatta, ormai Prime Video è diventato una vera alternativa a Netflix, che da anni dominava il mio tempo di streaming anche grazie ai documentari come Sanpa. Bella la competizione, peccato che stia per finire.

Amazon ha completato l’acquisizione della storica casa di produzione Metro Goldwin Meyer (MGM) per 8,45 miliardi di dollari, acquisizione onerosa del secolo ma non certo per gli standard di Amazon, che si sta comprando un po’ tutto. Nel 2017 ha rilevato la catena di supermercati di alta gamma Whole Foods per 13,5 miliardi. Ma stiamo al settore dello streaming.

Non è chiaro quanti soldi faccia Amazon con il servizio Prime Video. Io stesso non ho alcun ricordo di aver mai deciso coscientemente di abbonarmi, uso Amazon, come tutti, a un certo punto ho scoperto di essere iscritto anche al servizio Prime per le spedizioni veloci, poi dentro Prime c’era anche la parte video, all’inizio poco fornita, poi sempre più, competitiva.

In una recente lettera agli azionisti, il fondatore e capo di Amazon Jeff Bezos ha dichiarato che Prime Video conta 200 milioni di abbonati. Che sarebbero poco meno dei 207 milioni che si stima abbia Netflix, visto che i dati non sono trasparenti. Ma Netflix offre una cosa sola: contenuti video. Invece Prime Video è una delle tante declinazioni dell’everything store, il negozio che vende tutto, cioè Amazon. In Italia Amazon Prime Video chiede soltanto 3,99 euro al mese, una tariffa che chiaramente non copre i costi correnti, molto meno dei 7,99 dell’offerta base di Netflix.

Competizione per il monopolio 

(STRF/STAR MAX/IPx 2021)

Amazon può permettersi la vendita a prezzi stracciati, perché se cattura un cliente con i film e le serie, poi lo “monetizza” in mille altri modi, con tutto quello che il market place offre. Netflix invece si deve svenare per avere sempre contenuti originali – 16 miliardi di dollari di investimenti all’anno  - per rimanere attraente. Ma il suo modello di business si fondava sul fatto che a un certo punto avrebbe conquistato così tanti consumatori, diventando la nuova tv generalista, da poter alzare i prezzi (o mettere pubblicità a parità di prezzo, che significa depauperare il prodotto e quindi equivale a un aumento di prezzo per il cliente).

E invece è arrivata la concorrenza, anzi una concorrenza che può permettersi prezzi predatori, cioè più bassi dei costi, per conquistare quote di mercato, perché Amazon non compete per il nostro tempo di streaming, ma per diventare la nostra porta di accesso al mondo fisico e digitale: dai prodotti spediti via posta, ai libri su Kindle, alle cibarie fresche alle infrastrutture digitali di Amazon Web Service.

Il futuro di Netflix non sembra dunque roseo, anche perché Amazon è in grado di sostenere per un tempo indefinito un volume di investimenti analogo a quello di Netflix, nell’ultimo anno ha speso 11 miliardi di dollari per produrre contenuti originali.

La guerra dei personaggi 

Oltre dieci anni fa, nel 2009, Disney ha comprato per 6 miliardi di dollari la Marvel per le stesse ragioni per cui oggi Amazon compra MGM: conquistarne la proprietà intellettuale, cioè la possibilità di usare i suoi personaggi, titoli, loghi, idee per una serie infinita di nuovi prodotti. L’investimento si è ampiamente ripagato, il solo Avengers: Endgame, episodio culminante di una lunga serie di cinefumetti Marvel, ha incassato nel 2019 ben 2,8 miliardi di dollari.

Con quei personaggi, Disney è poi entrata nel settore dello streaming, lanciando Disney+, oggi vero concorrente di Netflix che però rischia di essere oscurato dalla forza di Amazon, perché neppure il quasi monopolista dell’intrattenimento può competere con il quasi monopolista di tutto il resto.

Con l’operazione MGM, Amazon conquista una library di titoli che va da Rocky a Tom&Jerry a tutto il filone 007 a Via col Vento. Una mossa strategica in un settore che si sta consolidando, tra fusione e acquisizioni, e dove la battaglia principale è per assicurarsi il monopolio sulle idee.

C’è poi un altro aspetto da considerare: Amazon Prime Video è, dal punto di vista dell’analisi economica, una piattaforma, mentre Disney e Netflix invece hanno una struttura più tradizionale.

Anche Netflix opera su due fronti, ha i fornitori di contenuti da un lato e gli spettatori dall’altro. Ma gli utenti pagano l’abbonamento e basta, mentre Prime Video offre contenuti compresi nell’abbonamento e una lunga serie di possibilità di noleggio, acquisto, abbonamento di altri titoli o canali che non sono compresi nella tariffa base.

Questo gli garantisce un potere di attrazione enorme: più utenti ci sono su PrimeVideo, attratti dai contenuti prodotti di Amazon che ora includeranno tutti quelli MGM, più sarà allettante per i potenziali concorrenti che hanno altri contenuti da offrire essere su quella stessa piattaforma, perché ci saranno tanti potenziali spettatori disponibili a comprare o noleggiare, che so, Wonder Woman 1984, per citare uno dei titoli che promuovono in questa fase.

Con il risultato che tiferanno per l’egemonia di Amazon Prime Video gli spettatori, i fornitori ma perfino i concorrenti, perché alla fine troveranno molto più interessante vedere i loro film e le loro serie là dove già ci sono milioni di utenti. Il costo di acquisizione del cliente lo sostiene Amazon, il beneficio va al fornitore del contenuto.

O almeno così sembra all’inizio, perché è la stessa dinamica che ha portato molte aziende fisiche a spostarsi sul market place di Amazon, salvo trovarsi poi ostaggio delle sue condizioni e, spesso, costrette a contendere i clienti alla piattaforma stessa che offre anche prodotti in proprio, come la linea Amazon Basic. La notizia dell’acquisizione di MGM, insomma, è un pessimo segnale per tutti noi perché indica quanto forte e pervasivo è il potere di Amazon.

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