Anche fuori dalla redazione di Domani ci sono le impalcature: il grande gruppo immobiliare proprietario dello stabile a cui paghiamo l’affitto sarà beneficiario della misura fiscale più generosa mai introdotta dallo stato italiano, il Superbonus al 110 per cento per le ristrutturazioni e il bonus facciate al 90.

I Cinque stelle hanno voluto la misura quando erano al governo con Giuseppe Conte e ora si battono per prorogarla ed estenderla.

Anti-Robin Hood

L’ultimo successo ottenuto è stato eliminare un piccolo vincolo introdotto dal governo Draghi per fare in modo che il beneficio fiscale andasse a chi ne ha più bisogno, invece che ai contribuenti più benestanti che di solito sono i primi a voler ristrutturare casa e con le risorse per sostenere i tanti costi accessori inevitabili per ogni progetto che mette in modo muratori, architetti e termotecnici.

Mentre si indignano per la scomparsa del contributo di solidarietà sui redditi sopra i 75mila euro dalla riforma dell’Irpef, i Cinque stelle di Conte ottengono una modifica ben più iniqua, inserita nel dimenticato da tutti decreto Frodi.

Il Movimento ha preteso la scomparsa del vincolo all’uso del Superbonus nel 2022 alla prima casa e verrà esteso alle villette unifamiliari senza più il vincolo dell’Isee (l’indicatore della situazione reddituale e patrimoniale) di 25mila euro.

Questa scelta da Robin Hood al contrario, che prende a tutti attraverso l’emissione di debito pubblico per dare a pochissimi, è rivendicata dalla viceministra all’Economia dei Cinque stelle, Laura Castelli: «Stiamo lavorando proprio su questo, per fare in modo che cadano, in primis, i limiti Isee per le case unifamiliari e che poi si possa estendere il ricorso anche agli altri bonus edilizi».

I limiti Isee, in questa come in tante altre misure fiscali, vengono introdotti per evitare il paradosso che lo stato sussidi i suoi contribuenti più benestanti mentre a spese di quelli più poveri.

Ma i Cinque stelle, che pure di questo sono consapevoli, questa volta se ne fregano. Con il paradosso che l’Isee diventa un parametro decisivo per avere poche centinaia di euro di reddito di cittadinanza ma non migliaia e migliaia di sconti in fattura per lavori non esattamente imprescindibili attraverso il superbonus 110 per cento.

Il Pd, per non essere da meno, si batte per il rinnovo del bonus facciate, magari un po’ ridotto, da 90 al 60 per cento. Sempre senza vincoli, a spese delle future generazioni.

Il grande spreco

L’assunto di Laura Castelli, cioè che il Superbonus sia «il vero motore della crescita e della ripartenza» è tutto da dimostrare: buttare soldi presi in prestito sul mercato nell’economia reale produce sempre qualche impatto di breve periodo. La sfida per la politica è spendere quei soldi al meglio, non spenderli e basta.

Secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio, cioè l’autorità indipendente sui conti pubblici guidata da Giuseppe Pisauro, il Superbonus rientra tra i modi più assurdi in assoluto di sprecare miliardi. Stiamo parlando di una cifra enorme, 30,8 miliardi di euro tra 2022 e 2036, quando si esaurirà l’effetto sulle casse pubbliche. Soltanto la proroga stabilita dalla legge di Bilancio del governo Draghi vale 14,1 miliardi. Cifre decise un po’ a caso, per spendere il più possibile, senza preoccuparsi di quali progetti si vanno a finanziare (ristrutturazioni aggiuntive, con impatto positivo sull’economia, o anche quelle che ci sarebbero state comunque, regalando soldi senza ragione?). Per dirla con le parole dell’Upb: «La Relazione tecnica non specifica le ipotesi alla base delle quantificazioni, richiamando la Relazione tecnica di introduzione della norma originaria, che a sua volta ripropone la metodologia adottata nelle Relazioni tecniche dei precedenti provvedimenti sul tema». Si spendono 14 miliardi senza un perché.

Solo per pochi

A beneficiarne sono in pochissimi, stando ai dati Enea di fine ottobre: soltanto 57.700 unità immobiliari, di cui 8.356 condomini, cioè lo 0,7 per cento del totale degli edifici italiani con più di quattro abitazioni. Ma la spesa media per intervento è alta, 169.000 euro per fabbricato.

La spesa mensile sta salendo di mese in mese, e non è un bel segnale: o vengono autorizzati interventi sempre più grandi (quindi con un beneficio ancora più concentrato), o stanno salendo i prezzi a parità di interventi, perché il Superbonus più che crescita genera soprattutto inflazione nella filiera dell’edilizia.

Col bel risultato che una giovane coppia che vuole comprare casa si trova a pagare il conto del Superbonus due volte: la prima col debito necessario a finanziarlo, la seconda con i rincari che ha innescato e che gonfiano il prezzo al momento dell’acquisto (i costi di costruzione dei fabbricati sono cresciuti da luglio 2020 del 20 per cento per i fabbricati industriali e del 5 per quelli residenziali).

Quale sia l’impatto ambientale positivo di questa rivalutazione del patrimonio immobiliare così costosa resta un mistero. Difficile che un po’ di efficienza energetica nello 0,7 per cento degli immobili italiani possa fermare la crisi climatica. Eppure, di fronte al più grande spreco di risorse pubbliche della storia, nessun partito si dissocia. Anzi, i Cinque stelle si battano perché diventi una misura ancor più iniqua e, come si diceva una volta, di destra.

© Riproduzione riservata