Matteo Renzi strappa sempre una risata, a volte voluta, a volte meno. Parla di continuo, delizia i giornalisti con le sue variopinte sparate, dando spettacolo da primattore navigato.

Pensare che tutti lo davano per finito prima delle ultime elezioni. A guardarlo, sembra di vedere il funambolo Philippe Petit che il 7 agosto 1974 se ne andò a spasso sul filo tra le Torri Gemelle del World Trade Center di New York. La traversata di Petit durò 45 minuti mentre quella di Renzi sembra infinita.

Non è caduto nemmeno quando si è conclusa l’esperienza del governo di Mario Draghi, figura che l’ex segretario del Pd ha sempre appoggiato e forse auspicato che durasse in eterno.

Chi spera che il governo di Giorgia Meloni possa cadere presto, si illude. Renzi questo lo sa bene e, siccome non c’è verso di unire le opposizioni, dialoga col governo.  D’altronde è quello che di solito fa il centro.

Il primo vero test, che dirà se Renzi ci ha visto giusto, saranno le elezioni europee del 2024.  Allora si capiranno tante cose.

Quando si è presentato come presidente della Provincia di Firenze, una vita fa, aveva 29 anni, ed era impossibile non starlo a guardare. Grande comunicatore, simpatico, a tratti buffo, attirava l’attenzione come un magnete.

Da sindaco ha continuato a procedere dritto qualunque cosa accadesse. Anche e soprattutto grazie all’attuale sindaco di Firenze Dario Nardella, all’epoca suo vicesindaco, l’uomo che nell’ombra lavorava davvero.

Matteo Renzi sembrava dovesse conquistare il mondo. Dettava l’agenda senza stare in parlamento, faceva saltare l’elezione di Romano Prodi, sfidava a duello un gigante come Pierluigi Bersani.

Ogni giorno proponeva qualcosa di nuovo, prospettive di riforme su riforme, tranne poi ovviamente arrivare al governo e non cambiare nulla.

Si è intestardito sull’impervio referendum costituzionale che l’ha visto precipitare dal suo 40 per cento.

Anche allora sembrava finito, aveva puntato tutto sul giudizio popolare, arrischiandosi persino a dichiarare: «Se perdo, lascio la politica». Era il 2016. Ora, forse, dovrà dire addio anche al suo bonus cultura da 500 euro per i diciottenni, modello ripreso in vari paesi d’Europa che il governo Meloni ha messo in discussione.

Nonostante tutto ancora oggi Matteo Renzi non si lascia perdere d’animo e ha sempre la stessa voglia di spararla grossa. Quanto meno, è più ricco di quando faceva il sindaco.

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