Giovedì la Bce ha deciso di continuare le sue politiche espansive e gli abbondanti acquisti di titoli di Stato. Ha comunicato solo una piccola novità: «Se le condizioni di finanziamento favorevoli potranno essere mantenute con acquisti di titoli inferiori allo stanziamento speciale per la pandemia» non sarà necessario utilizzarlo tutto.

Può essere una precisazione ovvia ma nasce il sospetto che nel Consiglio della banca qualcuno stia insistendo per raccomandare ai governi e ai mercati di prepararsi per tempo a minori supporti monetari ai debiti pubblici.

Data la dimensione del debito italiano, l’attenuazione del sostegno monetario potrebbe nuocerci molto anche perché l’atteggiamento della banca centrale influenza quello dei mercati. Oltre all’entità del debito, la nostra credibilità è insidiata dalla crisi politica e dalle difficoltà a decidere circa il Recovery Fund e il Mes.  

Gli acquisti di titoli della Bce vanno proporzionalmente a tutti i paesi dell’eurozona. Ma l’Italia è fra quelli che beneficia di un extra perché, con la pandemia, la Bce si è ufficialmente concessa “flessibilità” nella composizione per paese dei suoi acquisti di titoli.

La parte proporzionale si ridurrà senz’altro per tutti i Paesi, prima o poi, ed è bene che tutti pianifichino subito graduali riduzioni dell’indebitamento per quando cesserà la morsa della pandemia.

E l’attenzione speciale per l’Italia? La giustificazione ufficiale della flessibilità ricorda il Mario Draghi del “whatever it takes”: se la speculazione esagera nell’accrescere il costo dell’indebitamento (lo “spread”) di un paese, è minacciata l’omogeneità con cui la politica monetaria raggiunge i membri dell’eurozona, la quale rischia allora di disunirsi fino a mettere a rischiio la stessa sopravvivenza dell’unione monetaria che la Bce ha il dovere istituzionale di difendere.

Ma se gli speculatori si attendono che la Bce li contrasterà, si asterranno dallo speculare. Perciò non sappiamo quanto il supporto speciale che riceviamo renda lo spread sui Btp artificiosamente basso.  

Spread dimezzato, debito raddoppiato

Guardando ai numeri del debito un po’ di artificio sembra esserci. Quando Draghi intervenne per evitarci il disastro, nel 2012, lo spread dei BTP decennali rispetto ai bund tedeschi si ridusse da quasi 600 punti a circa 300.

L’intenzione della Bce era quella di riportarlo a un livello spiegabile con l’entità relativa del debito, purgandolo dall’eccesso ingiustificato dovuto alla speculazione sul “ritorno della lira”.

La differenza fra il rapporto debito/Pil di Italia e Germania è stato in media di 42 punti fra il 2011 e il 2015; 27 punti la differenza con la media dell’eurozona.

Nel 2017, quando la differenza fra i rapporti fra Italia e Germania aveva raggiunto i 70 punti, lo spread, pur aiutato dal quantitative easing, era a 200. A fine 2019 il rapporto debito/Pil dell’Italia ha superato i 75 punti di differenza da quello tedesco e ha quasi raggiunto i 50 punti rispetto alla media dell’eurozona.

La previsione della Commissione è che nel 2022 le due differenze saranno di 90 e di 57 punti rispettivamente. Ma lo spread è oggi attorno ai 120 e fatica a salire anche quando la politica italiana rasenta l’assurdo. In un decennio lo spread si è dimezzato e l’indebitamento relativo raddoppiato.

Che fare per poter immaginare uno spread che non esplode anche quando la Bce modererà il suo supporto?

Ovviamente dovremmo almeno risolvere l’instabilità politica e fare un piano condiviso per l’utilizzo del Recovery Fund. Ma sarebbe d’aiuto anche, fin da subito, una buona decisione sul Mes sanitario.

È diffusa l’opinione che, con la diminuzione dei tassi sui Btp e gli acquisti continui della Bce, la convenienza del Mes si sia ridotta sicché i sostenitori del Mes sarebbero ideologici quanto i suoi nemici.

Credo invece che fare subito e bene una lista di spese direttamente o indirettamente sanitarie e presentarle per il finanziamento Mes aiuterebbe a togliere alla Bce, alla Commissione e ai mercati il sospetto che non vogliamo il Mes perché, pur essendo senza condizioni macroeconomiche, ci obbliga a spendere dove dovremmo, mentre i fondi ricavati dagli acquisti della Bce si posson sprecare a pioggia cercando consensi politici e corporativi.

Una piccola cosa che ci aiuterebbe a migliorare la nostra credibilità di grandi debitori.

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