Nella corsa per tornare al mitico “stato originale”, la Corte Suprema americana – rivoluzionata dall'ex presidente Donald Trump – non si limita a chiudere l'ombrello federale sull'aborto, perché non contemplato 234 anni fa; prende di mira anche altre “modernità” come le agenzie federali che, simili alle nostre autorità indipendenti, normano tanti ambiti economici e sociali negli Stati Uniti.

Chiamata a dirimere una serie di opposte decisioni di amministrazioni democratiche e repubblicane, la Corte ha bocciato alcune norme secondarie emesse dall'Environmental Protection Agency (Epa) contro il cambiamento climatico.

Per il suo presidente, John Roberts: «Porre un tetto all'emissione di CO2, costringendo la nazione ad abbandonare la produzione di elettricità da carbone è forse la soluzione sensata alla 'crisi del giorno’» ma «decisioni di tale ampiezza spettano al Congresso o ad un'agenzia in base ad una sua chiara delega».

Altro che crisi “del giorno”, il clima pazzo minaccia addirittura la vita umana; il tempo sta per scadere, o è già scaduto. Traspare un'idea astratta della giustizia, che richiama il noto detto, parafrasabile qui in fiat iustitia, pereat homo.

Tutto purché si conservi, anche in vitro, l'afflato originario che ispirava i 13 Stati Uniti, firmatari della Costituzione quando a Parigi regnava Luigi XVI.

Altre conseguenze della sentenza, meno drammatiche, han comunque grande rilievo in una moderna democrazia liberale. Essa spinge i repubblicani a sostenere, per fiaccare il già non erculeo presidente democratico Joe Biden: «Qui si va ben oltre il clima, si tocca la separazione dei poteri».

Le nostre società hanno però raggiunto tali livelli di complessità da rendere necessario delegare la regolamentazione, anche su aspetti rilevanti, ad agenzie o autorità indipendenti.

Diversamente dalle nostre autorità indipendenti, l'Epa dipende dal governo federale, ma simili agenzie sono essenziali per sbloccare gli Usa soffocati dalla polarizzazione; i checks and balances impediscono sì abusi dell'esecutivo, ma bloccano anche ogni legge rilevante, soggetta anche agli attacchi degli stati contrari al presidente.

Se le norme sul cambiamento climatico sono major questions riservate al Congresso, non saranno mai approvate. Le agenzie, entità tecniche, devono poter mutare le regole al mutare delle situazioni, senza attendere il via libera parlamentare.

Accresce così un potere già enorme una Corte che, in maggioranza si rifà al Settecento, originalista per non dire reazionaria, i cui membri siedono a vita.

Centinaia di milioni di americani pagheranno l'hybris della giudice Ruth Ginsburg, nominata dal presidente Bill Clinton nel '93; malata grave, rifiutò di dimettersi sotto la presidenza Obama per poi lasciare, morendo, via libera a Trump, che due mesi dopo avrebbe perso le elezioni.

Questa sentenza anti-moderna è un colpo ai regolatori: alla Federal Trade Commission e alla sua presidente Lina Khan (giunta bambina vent'anni fa negli Stati Uniti coi genitori pachistani in cerca di fortuna) cui Biden chiede norme pro-concorrenziali contro gli oligopoli, e alla Securities & Exchange Commission che sta per varare regole, osteggiate dagli interessati, sui crypto asset, sui conflitti d'interesse di private equity e intermediari.

La campana suonata a Washington è una minaccia grave a ogni democrazia liberale. Un futuro governo retto dalla nostra destra balenga addenterebbe ai polpacci le autorità che l'indipendenza la praticano, rifacendosi all'esempio americano. Quella campana suona anche per noi.

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