Perché i vertici del centrosinistra italiano parlano così poco di Joe Biden? Nel provincialismo italico, di solito si cerca sempre una connessione con i leader stranieri di successo nel proprio campo. Abbiamo avuto schiere di Blair italiani, qualche Zapatero nostrano, molti aspiranti Macron. Eppure, non c’è nessuno che si presenta come il “nostro” Biden. E la spiegazione è che, contro ogni aspettativa (o almeno contro le mie aspettative), Joe Biden sta facendo cose serie ma molto diverse da quelle che Pd, Cinque stelle e Italia viva stanno votando in parlamento.

L’ultimo pacchetto annunciato dal presidente americano è un aumento della spesa per il welfare da 1.800 miliardi che sarà finanziato quasi per intero da un aumento delle tasse di 1.500 miliardi sugli americani più ricchi come Biden aveva proposto di fare in campagna elettorale, con la cancellazione di trattamenti fiscali privilegiati per i capital gain (le plusvalenze) e i dividendi per chi guadagna più di un milione all’anno.

Così gli interventi complessivi di Biden arrivano a quasi 6.000 miliardi, tra misure anti-Covid, piano infrastrutture e piano welfare. Una colossale misura di stimolo che è anche redistributiva, perché in buona parte finanziata con aumenti della progressività del sistema fiscale e del gettito: una materializzazione dei peggiori incubi degli elettori Repubblicani e una dimostrazione che c’è ancora uno spazio politico per qualcosa di simile alla socialdemocrazia.

Il Pnrr non è la stessa cosa

Certo, anche l’Italia ha appena approvato il suo Piano nazionale di ripresa e resilienza, parte di quel Next Generation Eu a livello europeo che ora sembra un po’ miserino con i suoi 750 miliardi di euro in cinque anni. Ma la grande differenza con l’approccio di Biden non è soltanto nei numeri. La nuova amministrazione democratica sta cercando di costruire un paese post-Covid molto diverso da quello che è stato contagiato dal coronavirus a inizio 2020. C’è una visione di politica economica molto chiara: massicci investimenti pubblici sulle infrastrutture – con molta manutenzione e poche grandi opere pluridecennali – redistribuzione a favore delle fasce più deboli e tasse più alte per i ricchi e per scoraggiare pratiche distorsive da parte delle aziende.

C’è anche una scelta macroeconomica non dichiarata ma evidente dietro: quella di accettare il rischio di inflazione nei prossimi anni, quasi auspicato perché tra i tanti effetti deleteri l’inflazione ha almeno il vantaggio di ridurre il valore reale del debito non indicizzato. La scommessa è che i benefici della crescita siano tali e così redistribuiti da più che compensare un’inflazione che, comunque, la Federal Reserve ha strumenti per contrastare (quando i tassi sono sotto zero, per frenare i prezzi basta alzarli). Per ora la scommessa funziona, l’economia sta correndo al di sopra delle aspettative, a un tasso del 6,4 per cento.

Chi è il Biden italiano? Non certo Mario Draghi: il premier si limita ad attuare un piano di ripresa che applica, senza variazioni significative, le indicazioni che la Commissione europea ha dato in questi anni e che l’Italia non ha mai rispettato. Certo, ci saranno un po’ di assunzioni nella pubblica amministrazione, qualche miliardo per infrastrutture, altri soldi per digitale e progetti ambientali. Ma nell’approccio niente cambia, perché scelte come quelle di Biden sono molto politiche, non si possono chiedere a un premier quasi tecnico.

Fermi a Obama

I partiti, soprattutto quelli del centrosinistra, non hanno neanche un briciolo della radicalità di Biden: nessuna spinta redistributiva, non si vede nessuno dei Cinque stelle o del Pd che chieda di aumentare alcune tasse per aumentare la spesa sociale a beneficio dei più deboli. Tutti propongono soltanto di fare più debito pubblico, tanto costa poco, per finanziare sostegni iniqui ai redditi alti (vedi Ecobonus) o grandi opere di cui nessuno si è preoccupato di studiare l’utilità (l’alta velocità Salerno-Reggio Calabria).

Anche Joe Biden avrebbe potuto fare lo stesso, finanziare un po’ di spesa pubblica aggiuntiva a deficit, aiutare qualche settore amico, dare ai più poveri giusto lo stretto indispensabile. Cioè comportarsi come Barack Obama dopo la crisi finanziaria del 2008.

Ma Biden sembra aver ascoltato i tanti nel Partito democratico che attribuiscono proprio a quella reazione troppo timida di Obama l’ascesa di Donald Trump. Ha speso tanto, e ha speso non soltanto in debito ma anche chiedendo più tasse ai ricchi, per avere più crescita ma anche più equità. In Italia, tra Pd e Cinque stelle, sono rimasti a venerare il culto di Obama. E di Biden italiani non se ne vedono proprio. Enrico Letta, neo segretario del Pd, almeno è consapevole di quello che Biden sta facendo. Vedremo se cercherà di spingere il governo in quella direzione.

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