In previsione dei colloqui di giovedì a Istanbul, possiamo continuare a “consolarci” con le analisi sulle condizioni psicologiche di Vladimir Putin scritte in questi tre anni, che hanno evidenziato la presenza di quelle caratteristiche tipiche di un soggetto psicopatico, di un pazzo criminale, di un uomo insicuro e fragile con disturbi di personalità.

Si potrebbe dire che nella storia moderna e contemporanea Putin si troverebbe in compagnia di altri leader del Novecento la cui personalità autoritaria ha favorito la messa in atto di scellerate scelte politiche, prodromiche all’avvento di drammatiche guerre mondiali e violente persecuzioni.

Possiamo anche continuare a leggere che Putin ha paura del mondo occidentale, del fatto di essere circondato/assediato da Stati liberi, prosperi e democratici ovvero, come scriveva su Telegram il presidente ucraino, Volodomyr Zelensky, a fine gennaio 2025: «Oggi Putin ha confermato ancora una volta che ha paura dei negoziati, ha paura dei leader forti e sta facendo di tutto per trascinare la guerra. Ogni suo passo e tutti i suoi cinici trucchi mirano a rendere la guerra senza fine».

Se Putin ha il profilo psicologico di un dittatore e Donald Trump i tratti di un bullo megalomane, non vi è dubbio che il presidente Zelensky si trovi in grande difficoltà non solo politicamente e militarmente, ma anche sul piano dei rapporti personali con i principali attori politici coinvolti nel tentativo di una risoluzione della guerra in Ucraina.

Battaglia comunicativa

Tuttavia, come ha dimostrato nelle modalità di ascesa al potere presidenziale da outsider della politica, Zelensky, con la sua retorica populista, è un eccellente comunicatore ed “emotivatore”, capace di generare aspettative, simpatie e, come nel caso di questi giorni, di sfidare anche il suo aggressore russo in un settore, quello comunicativo, dove il capo del Cremlino ha sempre avuto oggettive difficoltà ad adattarsi ai tempi e alle modalità dei social media.

Se si pensa al fatto che il suo decreto presidenziale del 4 ottobre 2022, tuttora vigente, vieta di «intrattenere negoziati con il presidente della Federazione russa», il “Zelensky comunicatore” e aggredito ha lanciato il guanto al suo aggressore russo, ottenendo un positivo riscontro di immagine personale e politica (basta leggere i titoli dei principali quotidiani internazionali).

Tuttavia, il “Zelensky politico”, che aveva incontrato il presidente russo una sola volta, il 9 dicembre 2019, al tavolo con Emmanuel Macron e Angela Merkel, e usato la metafora del tapis roulant per descrivere i rapporti tra la Russia e l’Ucraina («Senza dialogo è come un tapis roulant: camminiamo ma senza muoverci»), non può essere ignaro che certe frasi e toni verso il Cremlino ottengono l’effetto contrario a cui si vuole pervenire.

Ne abbiamo avuto una prova con la risposta del portavoce, Dmitrij Peskov, alle minacce provenienti dal gruppo dei “volenterosi” sull’implementazione di nuove sanzioni: «Il linguaggio degli ultimatum è inaccettabile per la Russia, non è adatto. Non si può usare questo linguaggio con la Russia».

Possiamo, quindi, continuare a leggere analisi che usano la psicologia e l’analisi comportamentale per diffondere la narrazione di quanto Putin sia stato messo all’angolo dall’impavido Zelensky oppure realisticamente “fare i conti con il nemico”, calandoci nella sua narrazione e visione del mondo.

Se applicassimo l’eredità degli studi sovietologi del Novecento, sapremmo che Putin non potrebbe mai accettare la proposta di Zelensky che, agli occhi dell’opinione pubblica russa, è sempre stato descritto come un cocainomane, una «marionetta americana», un nazista che sta perdendo la guerra.

Poco importa a Putin passare per un vile in Occidente. Il presidente di una superpotenza non può accettare e farsi dettare le condizioni dal “perdente” ucraino. Sarebbe un gravissimo danno d’immagine in una fase della guerra ancora molto favorevole al Cremlino. Putin temporeggia, accontentando la Cina per lo sforzo diplomatico e consentendo, eventualmente, a Trump di “farsi da parte da questo conflitto”.

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