Martin Caparrós  sarà a Internazionale a Ferrara domenica 3 ottobre per presentare il suo libro La fine dell’era del fuoco (Einaudi) insieme alla giornalista Lucia Magi (Ridotto de Teatro Comunale ore 14.30). Internazionale a Ferrara è il festival di giornalismo del settimanale Internazionale e si terrà nella città estense dall'1 al 3 ottobre.

Fra gli ospiti anche la climatologa sudafricana Ndoni Mcunu, l'economista Marcella Corsi, il poeta attivista Mohammed El Kurd, la linguista turca Kübra Gümüşay. Il giorno prima, sabato 2 ottobre Caparrós sarà a Mirandola al festival della memoria.


A volte certe cose accadono: qualcosa, che esiste da tanto tempo, cambia e neanche ce ne accorgiamo. Manca poco, molto poco; in verità ci stiamo già arrivando. Tra pochi anni, immagino, qualche mente acuta celebrerà la fine dell’Era del Fuoco – e il ciclo più decisivo della nostra storia sembrerà chiuso.

Da lì, suppongo, si sprigioneranno tutti i cambiamenti successivi, tutto il resto: come la materia che lascia il posto a lampi di energia, che creano una parvenza di materia nella quale, ogni volta di più, ci rifugiamo.

Il fuoco ha reso gli uomini tali. In ogni caso: non esiste mito dell’origine che non si sia scaldato al calore di una fiamma. Il mito greco, per esempio, racconta di come un uomo decise di consegnare agli umani il sapere degli dei: per farlo, Prometeo rubò il fuoco dall’Olimpo e se lo portò via.

La stessa cosa fece Mātariśvan nei racconti vedici, Azazel in quelli ebraici, Loki in quelli vichinghi, la Abuela Araña (Nonna Ragno) in quelli cherokee e così a seguire. Con il fuoco, gli uomini iniziarono a essere quelli che sarebbero diventati: i padroni del mondo terreno. Con il fuoco, per il fuoco e dal fuoco.

Non erano solo storie da raccontare intorno a un falò: tutto cambiò veramente meno di un milione di anni fa, quando quel branco di fragili saprofagi che vagavano terrorizzati per pampe e colline impararono a maneggiare le fiamme.

Con quella si riscaldarono, si fecero luce, si difesero dalle fiere, trasformarono boschi impenetrabili in pianure di caccia, la notte in giorno, il freddo in calore, cucinarono: trasformare i loro alimenti con il fuoco gli permise di cibarsi di tante cose che prima non potevano mangiare, migliorarono i loro corpi, svilupparono i loro cervelli, diventarono sempre più uomini.

Il fuoco fu uno dei primi strumenti; grazie a esso, gli uomini si distinsero dagli animali: potevano fare molto più di quello che gli permetteva il loro corpo, essere più di ciò che erano. Moltiplicare le loro forze e, così, moltiplicarsi.

Ora finisce tutto

Per millenni il fuoco fu il centro delle nostre vite. Per questo il focolare è chiamato focolare, il luogo delle fiamme. Tutto veniva dal fuoco: la cucina, ovviamente, ma anche il riscaldamento, l’agricoltura, le armi, i culti, le storie, la luce, i modi di trasformare il metallo, il legno e altri materiali.

Con il tempo, si aggiunsero altre funzioni: i macchinari che crearono le grandi industrie andavano a vapore, i mezzi di trasporto che cambiarono il mondo, anche quelli si muovevano per combustione di carbone o petrolio, tutte forme del fuoco: il fuoco ci ha portato sulla luna. E così era, fino a un nulla di tempo fa: dieci, quindici anni.

Ma ora finisce tutto. Il fuoco sta scomparendo dalle nostre vite. Alla fine del secolo scorso una casa aveva ancora i suoi spazi per il fuoco: si usava in cucina, per il riscaldamento, nella caldaia. Ora, nei paesi più ricchi, le case non ce l’hanno più: cucine in vetroceramica, riscaldamenti ad aria o ad acqua, scaldabagni elettrici; anche le macchine saranno elettriche, i treni già lo sono.

Il fuoco sopravvive nella povertà, dove ancora è indispensabile; nella ricchezza, invece, ha un calore voluttuario, nostalgico: appare di tanto in tanto in una candela, in un camino o una brace, memoria di come erano le cose un tempo. E la rara abitudine di aspirare fumo nei polmoni languisce: fumare è ormai cosa da perdenti senza speranza e casomai si tollera solo con le sigarette elettroniche e così anche l’ultimo motivo per portarsi dietro una macchinetta per il fuoco – come fiammiferi, accendini – sta cadendo nell’oblio.

Così arriviamo alla fine dell’era più lunga della storia umana: l’Età del Fuoco si disfa in silenzio, senza nessuno che la pianga come merita. Ci sgoliamo nel tentativo di registrare i minimi cambiamenti culturali, sociali: questo, che potrebbe essere il maggior cambiamento degli ultimi millenni, sembra passare perfettamente inosservato.

 Però sta succedendo, si afferma, si conferma. Se il fuoco era lo strumento migliore per piegare la materia, un’epoca dove la materia perde man mano di importanza può prescindere dal fuoco. Il fuoco sa mangiarsi la materia; la mancanza di materia si sta inghiottendo il fuoco.

Ma non tutto è terminato. Si direbbe che il fuoco abbia preparato, silenzioso, sibillino, la sua rivincita: ci aspetta alla fine. Il pianeta è troppo affollato, le popolazioni sono troppo mobili, le storie troppo mutevoli, e così i vecchi cimiteri lasciano sempre di più il posto ai moderni inceneritori. Qualcuno disse che dove c’era il fuoco rimarranno le ceneri: non so se sapesse quanto fosse crudele la sua burla. E così, alla fine, continuiamo ad appartenere al fuoco.

È la sua vendetta.

(traduzione di  Claudia Cervellini) 


© Riproduzione riservata