Da alcuni anni molte aziende, alcune per reale convinzione, altre per il contesto generale che impone loro adeguarsi ai trend normativi e di valori che si stanno affermando, hanno cominciato a interpretare i loro business in funzione dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdg, Sustainable development goals) fissati nel 2015 dai 193 paesi dell’Onu per porre fine alla povertà, proteggere il pianeta e assicurare pace e prosperità entro il 2030. 

Secondo l’ultimo Sustainable Development Report, l’Italia è al 30esimo posto su 157 paesi per grado di raggiungimento degli Sdg. 

Per le imprese gli Sdg rappresentano una sfida per andare oltre un concetto di responsabilità sociale (Csr) che a volte si esaurisce nella stesura del bilancio di responsabilità.

Attraverso una rilettura del modello di business in chiave Sdg, le imprese possono divenire esse stesse promotrici di buone pratiche e idee imprenditoriali sostenibili, in linea con i target del 2030.

Nel corso del 2020, Sda Bocconi School of Management ha avviato un progetto per valutare il rapporto tra le attività d’impresa e gli Sdg.

Obiettivo del lavoro, che ha coinvolto 35 grandi imprese italiane, è stato quello di capire il rapporto tra interessi pubblici e  modelli aziendali per riconoscere opportunità e criticità connesse alla gestione delle loro responsabilità sociali e più in generale a tutti quei fattori che oggi rappresentano un asset fondamentale per l’impresa e che spesso coincidono con la sua reputazione e credibilità sul mercato.

L’oggetto del lavoro ha voluto tuttavia individuare il valore che una politica attenta agli Sdg può creare in azienda.

Ovviamente è molto diverso ragionare per aziende globali, dove alcuni obiettivi hanno ancora molta strada per essere raggiunti e fanno parte delle strategie di questi gruppi, e aziende che operano più a livello nazionale e europeo, dove il concetto di sostenibilità ha una valenza diversa.

Capire queste diversità, contestualizzare le realtà economiche nei contesti in cui operano, è fondamentale per individuare il trend che le imprese hanno intrapreso e che influenzeranno inevitabilmente i prossimi anni.

Non stupisce quindi che il  94 per cento delle imprese che hanno partecipato alla ricerca indichi prioritario l’obiettivo 12  e cioè quello riguardante consumo e produzione responsabili, accentuando ulteriormente gli investimenti già in essere sul fronte di un modello di produzione più orientato al ruolo sociale dell’impresa, ma soprattutto alla riduzione dell’impatto ambientale, sia esso riconducibile a una riduzione delle emissioni o a una maggiore circolarità del processo.

Rimane ancora piuttosto frammentato il quadro degli strumenti di rendicontazione e di comunicazione del proprio impegno, anche se la volontà di comunicarlo è forte (lo fa il 77 per cento delle imprese). Per quanto sia lo strumento di rendicontazione più utilizzato, il bilancio di sostenibilità è pubblicato dal 15 per cento del campione e solo in metà di questi casi è redatto secondo i criteri della Global Reporting Initiative.

Le imprese più arretrate da questo punto di vista lamentano, da una parte, mancanza di impegno da parte dei vertici aziendali e, dall’altra, oggettive difficoltà tecniche, dovute alla mancanza di formazione specifica.

Non convince fino in fondo il quadro normativo legato all’obiettivo individuato come prioritario da ciascuna azienda: solo nel 17 per cento dei casi viene ritenuto soddisfacente, anche se più di metà delle imprese pensa di poterlo indirizzare tramite proprie iniziative; significa quindi che l’impresa, come spesso accade è più avanti rispetto al regolatore, spesso non in grado di cogliere le innovazioni che guidano il business e costretto quindi a inseguire, talvolta con un leggero ritardo, talvolta trovandosi travolto, come nel caso delle big tech, da una evoluzione talmente rapida da lasciarlo intontito e sprovvisto di strumenti in grado di regolare quei settori.

E’ auspicabile che gli Sdg riescano a attivare un circolo efficiente, premiante per le imprese innovative e per gli stakeholder a cui esse si rivolgono, ormai rappresentati non solo da persone fisiche, ma anche da un ecosistema che reclama sempre più forte i propri diritti.

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