Avete mai mangiato una pizza non cotta bene, pesante, lievitata male? Decine di volte, probabilmente. E una frittatina di pasta, uno dei piatti tradizionali della cucina napoletana, moscia, fritta in olio esausto e giù di sale? Sembra impossibile ma anche i più brutti degli incubi a volte si avverano. È successo a tutti. Sono incidenti di percorso che a volte si sperimentano, e che non per forza portano ad arrabbiarsi. Ma se quella pizza margherita con mozzarella di bufala costa 16 dollari, e quella frittatina, invece, ne costa otto, forse c’è da porsi delle domande. È successo a New York a febbraio 2020, poco prima che il mondo si trovasse travolto dall’emergenza Covid. La pizzeria era quella aperta e firmata dal famoso pizzaiolo napoletano Gino Sorbillo nel quartiere di East Village, locale che a causa della crisi generata dalla pandemia è stato chiuso.

La copertina dell'ultimo numero di CIBO, dal 29 ottobre in edicola e in digitale

Non è stata una bella esperienza, non solo per il cibo che ci hanno servito ma anche per il modo con cui ce lo hanno servito, che non era all’altezza delle aspettative che un locale con quel nome generava. Lo ha scritto anche l’importante magazine online Eater nel 2018. 

È un dispiacere ammetterlo. Lo è in generale, perché se la nostra cucina di qualità riesce a uscire dai confini e a rimanere tale anche all’estero è un successo e un orgoglio. Certo, una singola visita non può generare un giudizio generale sul lavoro di un bravo pizzaiolo. Neppure due visite sarebbero sufficienti.

Ma rimane una domanda: in che modo si può esportare la pizza napoletana nel resto del mondo senza snaturarla? Abbiamo provato a rispondere nel nuovo numero di Cibo, in edicola e digitale dal 29 ottobre. E, allo stesso tempo, a raccontare nomi meno blasonati, ricette non conosciute ai più e storie estere che contribuiscono a rendere importante la nostra cucina nel mondo.

© Riproduzione riservata