Nella premessa al testo del Pnrr Mario Draghi richiama gli aridi numeri della scarsa crescita che caratterizza l’economia italiana da molti anni. Nel cominciare la presentazione del Piano al parlamento ha invece usato toni alti invitando a «sacrificarsi per il bene comune». Le due cose indicano che il Piano è uno sforzo, non una festa di miliardi.

Lo sforzo è quello di cambiare, perché cambia il mondo e perché l’Italia è in ritardo coi cambiamenti necessari. Ci sono almeno tre dimensioni dei cambiamenti, che riguardano la politica ma anche tutti noi. La prima è quella delle riforme che devono accompagnare l’attuazione del Piano, anche per renderla possibile. «Senza riforme dispero di spendere tutti questi soldi» ha detto Draghi al Senato. Sulle riforme lo stesso governo deve prepararsi a progettare e insistere anche al di là di quanto previsto dal Pnrr. Logico cominciare a crono-programmare l’urgentissimo ma presto verrà il momento per cantierare il resto: la concorrenza, per esempio, deve investire anche la concessione degli stabilimenti balneari e i trasporti pubblici locali; l’università va riformata quanto la giustizia, e così via. Ai gran rivolgimenti di ruoli e poteri che accompagnano le riforme dobbiamo tutti fornire costosi aiuti di disponibilità e creatività.

La qualità della competizione

Un altro cambiamento necessario è quello del dibattito politico, affinché migliori la qualità della competizione per il consenso dei cittadini. Basta beccarsi sull’ora del coprifuoco quando dovremmo imparare a discutere consapevolmente, per esempio, l’evoluzione delle forme di welfare che devono aiutarci ad attraversare i grandi rischi dei prossimi anni e a trasformarli in opportunità. La qualità del dibattito, all’interno della maggioranza, con l’opposizione e nell’opinione pubblica, è essenziale per il controllo democratico della realizzazione del Pnrr. Emarginiamo superficialità, manipolazione e ideologismo inconcludente.

Una terza dimensione riguarda il settore privato: le imprese, la finanza. La sua collaborazione col pubblico è indispensabile. Da un punto di vista tecnico-economico, è richiesta da molti dei progetti del Pnrr. Dal punto di vista politico riduce il rischio di dirigismo insito in un Piano calato dall’alto. In molti casi il pubblico dovrà soprattutto coordinare e controllare severamente l’azione del privato, procurandosi la competenza per farlo. Ma i privati, per collaborare, non possono dar per scontate le virtù dove sono carenti, non devono additare solo i limiti e le colpe del pubblico. Il governo societario, la qualità del management e l’efficienza delle imprese e della finanza, la loro trasparenza, correttezza ed eticità, devono migliorare.

Il Pnrr dovrà sostituire rigorosi controlli ex-post a molte delle pleonastiche autorizzazioni ex-ante che oggi incentivano l’inerzia burocratica, il favore agli interessi speciali e la corruzione.

Ma nel sottoporsi a questi controlli i privati dovranno avere la testa alta di chi sa davvero controllarsi da solo.

 

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