Nella riunione di giovedì scorso la Bce ha aumentato i tassi dello 0,5 per cento, dopo che aveva preannunciato un aumento dello 0,25: un altro pezzo di credibilità se n’è andato, insieme alla forward guidance (l’indicazione delle future misure di politica monetaria).

D’ora in avanti le decisioni della Bce saranno data dependent, ovvero: si naviga a vista. E la comunicazione della Banca Centrale al mercato avrà una rilevanza marginale.

Se lo scopo dell’aumento superiore alle attese era invertire il deprezzamento dell’euro e segnalare la determinazione ad aumentare i tassi per combattere l’inflazione whatever it takes, ho seri dubbi che la Bce ci sia riuscita.

L’euro ha continuato ad oscillare intorno al cambio di 1,02 dollari degli ultimi giorni; e i rendimenti dei titoli di stato tedeschi, dei corporate bond e i tassi di riferimento per il credito sono scesi: il due anni tedesco è sceso a 0,42 per cento (era 1,32 un mese fa) e il futures Euribor scadenza dicembre 2023, indicatore di dove si pensa si andrà a parare, è sceso a 1,41 per cento (era 2,67 un mese fa).

L’interpretazione dei dati di mercato è necessariamente soggettiva, ma sembra chiaro che l’aumento maggiore del previsto di oggi sia stato visto come un modo per stemperare gli aumenti futuri, visto il rischio recessione sempre più probabile: per la Bce, la strada che si restringe come avevo scritto su queste colonne.

C’era anche attesa per i dettagli del nuovo scudo anti frammentazione o Tpi (Transmission Protection Instrument).

É un bene che la dimensione degli interventi del Tpi sia illimitata, e poco importa che la Bce avesse dichiarato altrimenti (tanto ormai la sua credibilità è pregiudicata). Bene che gli interventi siano sterilizzati (anche se non sono sicuro di aver capito come).

Incognita spread

Jean-Francois BADIAS

Non si dice a quale livello degli spread si attiverà il Tpi, né quali siano i criteri per determinarli, per la felicità degli speculatori che faranno profitti andandolo a scoprire. 

A noi italiani interessavano particolarmente le condizionalità che il Tpi comporta: il paese non deve essere in procedura di deficit eccessivo con la Commissione europea; non avere alcun disequilibrio macroeconomico; aver rispettato tempistica e impegni del Pnrr (quindi tutte le riforme promesse dovranno essere varate dal legislatore); e il debito pubblico sia sostenibile, non solo secondo il parere  della Commissione, che potrebbe essere soggetta alla moral suasion della politica europea, ma anche della Bce, del Fondo Monetario Internazionale, e del Meccanismo di Stabilità Europeo (Mes).

In pratica è la stessa condizionalità del precedente Omt e del Mes , che ha solo cambiato il nome: forse perché i precedenti meccanismi non godevano di buona fama tra i vari populisti e nazionalisti, specie nostrani.

D’altra parte, non poteva essere altrimenti, vista la necessità che il Tpi passasse il vaglio della Corte Costituzionale tedesca. Mi permetto di ricordarlo ai consulenti economici di Salvini, Meloni e Berlusconi, prima che incomincino a brindare alla vittoria nelle prossime elezioni: potrebbe essere una vittoria di Pirro.

Un’ultima congettura.

Non credo che l’Europa lasci che una crisi del debito pubblico italiano metta a repentaglio l’esistenza della moneta unica: troppo il capitale politico investito nella sua costruzione. Credo dunque che il Tpi molto probabilmente verrà attivato, con relativa condizionalità, ma dopo lo scoppio di una crisi del nostro debito, non certo per prevenirla: non ci saranno pasti gratis per la politica italiana.

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