Guardiamoci attorno: dall’Argentina Javier Milei, al grido di “Afuera” e brandendo una motosega, propone di abolire 11 ministeri e licenziare i dipendenti pubblici. Elon Musk, a capo del dipartimento per l’Efficienza del governo, vuole «drenare la palude», riducendo di un terzo il bilancio annuale dell’esecutivo e licenziando migliaia di impiegati. Questo pone a noi italiani, spesso alle prese con la burocrazia asfissiante, un paio di domande. Primo: la nostra amministrazione pubblica è al riparo da queste traumatiche iniziative? Secondo: e se avessero ragione loro? E se la Pa non fosse altro che un fardello per lo sviluppo e il benessere della nostra comunità nazionale?

La prima risposta è facile: in Italia provvedimenti come quelli di Milei e Musk sarebbero (per fortuna) impossibili perché abbiamo la nostra Costituzione che, all’art. 98, afferma che i dipendenti pubblici non sono al servizio di questo o quel governo, ma “al servizio esclusivo della Nazione”. La legge tutela (o almeno dovrebbe tutelare) questa terzietà definendo con precisione le condizioni che rendono possibili eventuali licenziamenti, impedendo sgambetti derivati da una mancata appartenenza politica.

A cosa serve la Pa?

La risposta è l’art. 3 della Costituzione che definisce come compito della Repubblica e quindi della Pa – che è la sua struttura operativa – lottare contro le disuguaglianze, per rendere effettiva la libertà e possibile la piena partecipazione di ogni cittadino. In questo contesto complesso e pieno di incertezze è sempre più importante poter contare su una Pa capace di mettere cittadini e imprese in condizioni di fare ed essere quello che vogliono. È questo il senso delle parole “di fatto” nel citato art. 3 della Costituzione.

Quindi: sì, il sistema delle amministrazioni pubbliche ci serve davvero, specie in questi tempi difficili. Ma svolgerà il suo alto compito democratico solo se cambierà struttura e orientamento, costruendo così le condizioni per un ritorno della fiducia. Perché senza fiducia non c’è sviluppo, non c’è coesione, non c’è benessere. Prima di tutto è necessario riorientare la Pa verso la stella polare della crescita del “valore pubblico”, che si misura con l’effettivo impatto dell’azione pubblica sulla qualità della vita di cittadini e imprese. Per farlo servono molteplici innovazioni coraggiose. Le più urgenti sono tre.

Tre innovazioni per la Pa

Centrare le amministrazioni sull’impatto. Oggi l’architettura macro della nostra Pa, ma anche l’articolazione in uffici e dipartimenti all’interno di ogni amministrazione, è rivolta su obiettivi specifici dell’organizzazione o dell’ufficio, che non sono quelli utili al cambiamento sociale. È quindi necessario ripensare coraggiosamente la stessa geografia degli enti, scivolata in un assetto di matrice ottocentesca in cui ogni ministro e ogni ministero (ma anche ogni assessorato) è più o meno, a causa anche delle baruffe tra partiti, l’unico padrone di una politica che è così necessariamente miope.

Da questo necessario ripensamento della struttura organizzativa discende una profonda riforma della valutazione. Sarà necessario puntare sempre meno sulla valutazione individuale, che tanto ha dimostrato di non funzionare, e più sulla valutazione degli esiti organizzativi, ossia sui risultati complessivi dell’organizzazione (l’impatto) in cui operano i lavoratori, favorendo il lavoro di squadra e il raggiungimento di obiettivi strategici.

Rendere concreta la partecipazione, sfruttando tutte le opportunità già presenti nel Codice del terzo settore e nel Codice dei contratti pubblici per realizzare davvero la coprogettazione e la coprogrammazione con i cittadini e gli stakeholder. I problemi e i bisogni delle nostre società complesse non possono essere risolti e soddisfatti se non aprendo le amministrazioni pubbliche all’apporto di tutte le componenti delle comunità e utilizzando i saperi che sono nelle persone e nei luoghi.

Attrarre talenti

Infine, sarà necessario insistere nelle azioni tese a trasformare la Pa in “un buon posto di lavoro”. Il mondo del lavoro è cambiato, e si deve potenziare l’attrattività delle amministrazioni pubbliche creando ambienti in linea con le migliori pratiche del privato.

Per spingere i talenti verso una carriera pubblica sarà necessario offrire una formazione continua, tanto più necessaria ora che le tecnologie emergenti disegnano nuovi scenari; percorsi chiari di carriera; flessibilità nelle modalità di lavoro con un più ampio margine al bilanciamento tra vita privata e lavoro; introduzione di moderni strumenti di welfare aziendale, anche per rendere appetibili posti e situazioni altrimenti svantaggiate che vedono, ad esempio, la fuga dagli impieghi nei piccoli comuni.

© Riproduzione riservata