Che nessuno nel Partito democratico si sia accorto che Antonio Panzeri possa essere «l’anima di una vasta organizzazione fraudolenta, i cui atti avrebbero avuto una natura complessa, organizzata e ripetitiva», come ha scritto il giudice belga Michel Claise sullo scandalo ormai noto come Qatargate, è difficile da digerire.

Che un ex deputato si aggiri nell’Europarlamento anche dopo il suo mandato e che tenga stretti rapporti con due Paesi come il Marocco e il Qatar, non può non suscitare perplessità.

Da deputato europeo l’ho incontrato un paio di volte. Ricordo di aver provato a rivolgergli qualche domanda con insuccesso.

Trovava una scusa e si allontanava a passo svelto, così come la sua amica Eva Kaili, eurodeputata greca destituita da vicepresidente del parlamento.

Di certo la questione è solo la punta dell’iceberg destinata ad allargarsi a macchia d’olio. Personaggi che a fine mandato si mettono a fare affari con le lobby ce ne sono moltissimi.

Alla destra moralista non conviene fare il conto dei corrotti, o qualcuno potrebbe ricordare i casi su quel fronte, a partire da quello di Ruby e Silvio Berlusconi.

Ex politici che offrono la loro consulenza a paesi in caccia di affari non è certo solo una questione italiana. Basta pensare agli incassi milionari di José Aznar, divenuto membro del board di News Corp. e di Barrick Gold, o di Tony Blair, affarista con l’alta finanza del mondo arabo o ai controversi legami di Gerhard Schröder con la Russia. 

La prima cosa che deve fare il Partito democratico è smettere di stupirsi. Più soldi girano più si attraggono ladri.

Se vogliono ritrovare credibilità, devono assumersi senza se e senza ma la responsabilità di non essersi accorti che sotto il loro naso accadevano tali crimini ignobili.

Beppe Grillo alzando i toni della questione morale fece nascere un movimento e lo portò a primo partito in Italia mentre la sinistra lo bollava di usare le armi sporche dell’antipolitica.

Ha ragione Sergio Cofferati, intervistato da Daniela Preziosi su questo giornale, quando dice che «il futuro del Pd è legato al cambio delle regole e alla modalità di comportamento. Occorre stringere le maglie per non far passare fenomeni del genere».

Speriamo nei giovani. Che sia Elly Schlein o Stefano Bonaccini, il nuovo segretario avrà il difficile e indispensabile compito di ritornare alla questione morale di Enrico Berlinguer.

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