Come un riccone trattato male in un albergo che ama, Elon Musk, scontento di Twitter dove ha 88 milioni di seguaci, se la compra tutta. Per la più grande acquisizione societaria personale di sempre, il più ricco del mondo – ignoriamo però i tesori occulti dei grandi autocrati - pagherà 44 miliardi di dollari.

Al momento pare che li rischi tutti lui, fra capitale e debiti garantiti da sue azioni Tesla; le banche corrono a finanziarlo, attratte da succose commissioni, ignorando i suoi piani, se esistono. Vanno sulla fiducia e se andrà male sarà affare di qualcun altro.

Twitter non è il social network più grande, e ancora perde soldi; è però il più influente sull'opinione pubblica che a sua volta influenza il mondo. Musk si dice interessato solo alla libertà di pensiero; non vuole far soldi, ma evitare la censura, aprire agli utenti l'algoritmo, vietare troll e pseudonimi; tutto bene dunque?

Il lato oscuro

Musk è un imprenditore eccezionale per coraggio e visione, ha realizzato le auto elettriche di Tesla, Space X, che porta nello spazio carichi per il governo Usa e gestisce Starlink, catena di satelliti in orbita bassa; di questi ha il quasi monopolio, che ora usa per aiutare l'Ucraina in guerra.

C'è anche l'altra faccia della Luna, ed è oscura. Musk fa parte di una genia di ricchissimi, refrattari ai vincoli, libertari fino all'anarchia, su cui, con genio e soldi, regnerebbe; violatore seriale delle norme di mercato, le sue giulive comunicazioni ai mercati gli han causato grane quando twittò il lancio di un'offerta per togliere dal mercato Tesla. Disse di avere la copertura finanziaria, salvo rimangiarsi tutto poco dopo, con un allusivo video in cui si faceva una canna.

La Securities & Exchange Commission (Sec), guardiano dei mercati Usa, lo multò, imponendogli obblighi che egli ora rigetta, portandola in giudizio. Potrebbe essere la volpe a guardia del pollaio.

In molti paesi, Italia inclusa, le leggi limitano la concentrazione e fissano confini alla libertà di parola. Concepite nel '900, esse ignorano i media che plasmano ora il dibattito pubblico ben più dei giornali, cui sottraggono la linfa della pubblicità, aprendo gratis agli utenti costosi contenuti, senza compensare chi li produce.

Censura e potere

Nella molto polarizzata politica Usa i nervi sono scoperti. Per Musk, Twitter censura chi non la pensa come il vertice, veicola messaggi politicamente corretti e “woke”; ammicca così alla destra e a Trump, bandito da Twitter la sedizione sfociata nell'assalto al Campidoglio.

Andiamo al cuore della questione: chi può censurare i contenuti, o bandire chiunque, specie da una piattaforma che è il mezzo di comunicazione per eccellenza? Se non potessi più scrivere su Domani o altrove, non lamenterei che si limita la libertà, ma bandire dalla “piazza globale” di Twitter un personaggio, pur tossico, davvero lo fa.

C'è dietro la grande domanda, se Twitter o Facebook siano come una compagnia telefonica, che non sa, e non ha interesse a sapere, cosa dicono i clienti. Che le piattaforme lo sostengano si capisce, ma Vodafone non guadagna di più se la gente si lancia contumelie, livida di rabbia, come sulle piattaforme.

Queste sanno bene orientare il dibattito, il traffico, quindi la pubblicità di cui campano; per aumentare i profitti distorcono la discussione pubblica, anche gonfiando assurde e vaneggianti “bolle”.

Per Musk, ha qui scritto Andrea D. Signorelli, tutto quanto non è proibito è permesso; se il popolo volesse leggi severe, il Congresso le varerebbe.

È tipico dell'uomo esibire candore; finge di ignorare la pluridecennale battaglia delle piattaforme per sottostare a regimi di responsabilità lievi, da gestore telefonico; trascura il loro ovvio interesse a tenere incollati allo smartphone i clienti, accrescendo odio e contrasti.

Il novello Candide ignora anche i massicci contributi delle grandi imprese Usa ai parlamentari. Se manca una legge che inchiodi le piattaforme alla responsabilità connessa al loro interesse - aumentare i tempi di connessione dei clienti - non è perché sia inutile o nociva; Musk, fornitore del governo Usa, sarebbe capace d'usare Twitter contro la Sec se lo multa di nuovo, o contro il Congresso se vara nuove tasse o vincoli alle imprese.

Dove finisce la libertà 

La democrazia liberale – per difendere la quale diciamo di aiutare Kyiv a respingere l'invasione – sarà novecentesca, ma è chiara: la mia libertà finisce quando inizia quella di altri, o li danneggia. Solo la legge può fissare cosa rientra nella libertà di parola e cosa no; alle piattaforme, ben definite, come ai giornali, spetterà vigilare sul rispetto della legge.

Se non vigilano o non rimuovono contenuti illegali di cui siano a conoscenza, dovranno risarcire i danni, appurati in un giudizio corretto e imparziale, avverso il quale potranno ricorrere, dopo di che esso è definitivo e va attuato.

Pur se le nuove norme digitali della Ue fanno grandi passi per regolare questi media secondo tali principi, è lontano il giorno in cui tale trafila gli sarà imposta negli Usa.

Il vulnus ai principi fondanti mostra i rischi attuali per la democrazia liberale. Non c'è solo l'aggressione di chi ritiene che il sistema cui tendiamo sia alla frutta. Il nemico l'abbiamo anche in casa, e non spara: fra sei mesi le elezioni Usa potrebbero riportare in auge un presidente che accetta solo i risultati delle elezioni che vince, pronto a mobilitare le masse se perde.

Non c'è nulla di vietato in questa operazione, ma tutto è fuori misura. Per di più, il carico di Twitter si aggiungerà a quello attuale, forse troppo anche per Musk; programma i tempi in spazi di 5 minuti e magari per questo dice che per una donna basta un'ora a settimana!

È difficilissimo dirigere una rete di fabbriche mondiali che si nutre di software come Tesla, ma anche la gestione d'una piattaforma che ospita, regola, influenza e in parte produce opinioni, è piena d'insidie.

Musk pare immune dal tarlo del dubbio, che punisce se lo esprimono i suoi dipendenti; non è il miglior viatico per Twitter. Questa potrebbe fargli guadagnare tanti soldi, o divenire l'apologo della sorte che aspetta chi crede di poter varcare ogni limite; potrebbe pagar cara la sua hybris, 44 miliardi sono molti, anche per Creso Musk.

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