Facciamo due conti: quanto costa farmi perdere tempo? Secondo la graduatoria retributiva dei 36 paesi membri fornita dall’Ocse, l’Italia è al ventiduesimo posto in classifica, con una retribuzione annua lorda media di circa 32 mila euro. Circa, di nuovo, 1700 euro netti al mese.

La cifra è quella che in tutti i master spiegano con il termine tecnico di «media del pollo», ovvero: io sono vegetariana, ma secondo gli ultimi dati di Coldiretti, quest’anno ho mangiato 21,56 chili di pollo anche io.

Quindi userò la media di 1700 euro per calcolare quanto costa il mio tempo, come il tuo, anche se 1700 euro mica li prendiamo tutti per davvero. Il pollo, dicevo. Ma andiamo avanti con l’esempio: secondo questi calcoli stiamo guadagnando tutti 10 euro netti all’ora. E costiamo all’azienda almeno il doppio.

Ho iniziato a lavorare in tempi in cui aprivo il pc, andavo a prendere il caffè e tornavo al mio posto in tempo per vederlo accendersi. Quanto tempo ci mettevo a andare e tornare dalla macchinetta del caffè, chiacchiere comprese? Facciamo dieci minuti. Oggi non è così.

Vediamo cos’è successo nelle aziende nella fretta di trovare una soluzione per implementare lo smart working: molti uffici hanno dovuto comprare nuovi pc portatili per permettere a tutti di lavorare da casa.

«Il mio pc di lavoro è lento. Anche il wi-fi è lento, ma solo su questo computer. Non capisco perché…». Dicevo lunedì scorso che mi sarei seduta accanto alla tua scrivania, ricordi? Eccomi qua a controllare perché non va il tuo pc.

Guardiamo dei numeri anche qui? La Ram è di 4GB. Per capirci: con questa condizione di partenza già aprire più programmi contemporaneamente può rallentare di molto il lavoro. E chi di noi apre un solo programma alla volta? Da un po’ sono la matrigna di una gamer undicenne. Nina gioca a Minecraft e il suo pc ha 16GB di Ram.

Facciamo due conti, come il capo ragioniere che è quello che fa i conti di tutto, ma non riesce ad avere una visione d’insieme – nulla in contrario ai ragionieri, ho studiato ragioneria anche io: un pc portatile a 250 euro è un buon affare, dovendo, poi, moltiplicare quella cifra per il numero dei dipendenti. Salvo poi far lavorare tutti alla metà della velocità. Anzi, meno della metà.

Questione di strategia

Il problema non è lo smart working. Non è la produttività oraria. Non ci sono strumenti per il monitoraggio che registrerebbero un tale spreco di risorse. Qui manca strategia aziendale.

Come se gestendo un servizio di consegne, ai fattorini non si dessero mezzi che possono entrare nella Ztl chiedendo loro di parcheggiare e poi fare un pezzo a piedi. Quante consegne in meno riuscirebbero a fare?

Quando lavori per un’azienda stai gestendo un budget che non è tuo e il meccanismo funziona proprio per questo: non devi risparmiare, ma gestire e ottimizzare i costi.

È vero che in Google insegnano a dire «Act like a founder», ovvero comportati come se l’azienda fosse tua, ma è vero anche che davanti alle nostre piccolezze e alle nostre esigenze di tutti i giorni la differenza la fa chi si comporta come un manager dandosi degli obiettivi.

Cosa succede in azienda, quindi, se per risparmiare si compra un pc che ci fa perdere tempo? Cosa succede se ogni volta che devo caricare un file impiego 10 minuti?

In un ufficio dove quest’attività viene ripetuta da più persone almeno cinque volte al giorno quei 10 minuti possono costare all’azienda 300 euro al mese a dipendente. Potevano essere usati per comprare a ognuno un pc migliore.

Ovviamente ovunque serve fare i conti con un budget limitato: è giusto anche tenere d’occhio dov’è possibile risparmiare. Ma se si è a capo di un’azienda che fattura e assume persone non bisogna tenere d’occhio solo il modo in cui far quadrare i conti nell’immediato, perché è chiaro che non è su tutto che si può risparmiare. Chi guida un’azienda deve fare delle scelte: spendere di più dove serve. Per lavorare meglio. Al meglio.

E da te cosa succede? Hai avuto un capo senza visione d’insieme?

Ognuno di noi, al di là di gestire o meno un team in ufficio, ha a che fare con tanti professionisti diversi. Siamo tutti clienti e siamo tutti datori di lavoro. E quindi potenzialmente pessimi clienti e pessimi capi.

Ognuno di noi ha una storia da raccontare, non solo legata a uffici che magari abbiamo avuto in comune, o a situazioni lavorative nuove. 

Vuoi raccontarmi la tua? 

Ogni lunedì inizieremo insieme la settimana. Mi siedo accanto alla tua scrivania. Chiacchieriamo un po’. Vediamo cosa c’è da fare. Insieme. 

Manda la tua storia a lettori@editorialedomani.it.

A lunedì prossimo.

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